Il governo, che avrebbe l'opportunità storica di riformare la giustizia, ieri ha invece partorito il solito topolino. Non dimentichiamo come nasce l'idea di riforma: l'Italia è costretta a mettere mano al suo sistema giudiziario, soltanto perché la famigerata Europa dei banchieri e degli affaristi ce lo impone per motivi di decenza come precondizione per ricevere i miliardi del Recovery. Il principio è: se non siamo in grado di darci una giustizia all'altezza degli standard europei, non siamo nemmeno degni di riceverne i fondi.
Ciò accade perché la giustizia italiana è considerata imbarazzante, una vergogna da cancellare per il bene di tutti. Per raggiungere questo obbiettivo è partita anche l'iniziativa dei referendum popolari, che diventano uno strumento indispensabile proprio perché il Parlamento, intossicato dalla decomposizione del Movimento di Grillo - che non può essere gettato nella differenziata fino al 2023 - sembra incapace di prendere decisioni storiche. La ministra della Giustizia Cartabia è stata costretta ad arroccarsi su una riformetta che consiste in una pudica correzione del colpo di mano con cui, abolendo la prescrizione, tutti i cittadini sono perseguitabili a vita anche se provvisti di certificato di innocenza. La riformetta consisterebbe nel mettere uno stop alla prescrizione dopo il primo grado (con discutibili tempi più lunghi per i processi per corruzione), con un macigno di ipocrisia fra i binari per cui, se nei gradi successivi verrà superato il tempo limite di due anni per l'appello e un anno per la Cassazione con proroghe e deroghe, alla fine si dichiarerà non l'innocenza ma l'improcedibilità. Che non estingue il reato, ma blocca il processo. Quindi, tu potresti trovarti libero, ma col marchio del criminale.
Il topolino che la montagna sta partorendo risponde a una sola necessità: creare una rete di uscite di sicurezza grazie alle quali tutti possano dirsi soddisfatti o chiamarsi fuori secondo convenienza. Di principi, per ora, neanche l'ombra, a cominciare da quello generale liberale secondo cui è meglio un malfattore libero che un innocente in galera. E che se un cittadino è stato assolto, l'accusa non può chiedere la rivincita, come in tutto il mondo civile. Nel film thriller «Il caso Thomas Crawford», l'assassino confessa, ma la fa paradossalmente franca perché già assolto per lo stesso reato. Manca l'idea fondante secondo cui «in dubio, pro reo». Quanto alla divisione delle carriere, nessuna traccia. Ecco, dunque, che il Parlamento paralizzato dalle sue scorie stenta a cogliere l'occasione che l'Europa gli impone.
E questo è il motivo per cui si può solo essere grati a chi ha promosso i referendum: se la politica non parla, il Paese è in grado di farlo da solo, cercando di garantirsi una giustizia giusta, esente dalla caccia alle streghe.
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