Cronache

Porto fantasma a Molfetta, maxi truffa da 150 milioni

I finanziamenti destinati per il nuovo porto sono stati usati per mettere a posto i conti del Comune e far quadrare il patto di stabilità

Porto fantasma a Molfetta, maxi truffa da 150 milioni

Una presunta truffa da 150 milioni di euro ai danni dello Stato e l'ipotesi di reati ambientali. Muove da queste accuse l'indagine sulla costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta, appaltato nel 2007 ma non ancora realizzato. Una vera e propria bufera giudiziaria che ha fatto scattare le manette per un funzionario e un imprenditore mentre sono indagate, a vario titolo, almeno una sessantina di persone, tra cui il senatore Antonio Azzollini.

Il nuovo porto commerciale di Molfetta, per il quale sono stati erogati 150 milioni di euro di fondi pubblici, è stato sequestrato dai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza e del Corpo forestale di Bari su disposizione del gip del tribunale di Trani, Francesco Zecchillo. Nel blitz di questa mattina sono stati sequestrati anche i 33 milioni di finanziamenti pubblici che non sono stati ancora erogati. Due persone sono, invece, finite agli arresti domiciliari. Si tratta dell’ex dirigente comunale dei Lavori pubblici, Vincenzo Balducci, e del procuratore speciale della Cmc (l’azienda che si è aggiudicata i lavori del porto) e direttore del cantiere, Giorgio Calderoni. Sono indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti e violazioni ambientali. Per gli stessi reati indagata a piede libero una sessantina di altre persone. I provvedimenti cautelari sono stati richiesti dai pm Antonio Savasta e Giuseppe Maralfa della procura di Trani dopo oltre tre anni di indagini, partite da una segnalazione dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici.

Secondo le indagini, a Molfetta sarebbe stata messa in piedi una maxi truffa che ha permesso di ottenere, in oltre un decennio, finanziamenti per 147 milioni destinati per il nuovo porto. Ma questi sono stati usati per mettere a posto i conti del Comune e far risultare come rispettato il patto di stabilità. I finanziamenti finora ottenuti ammontano a 82 milioni di euro e sarebbero arrivati grazie a una serie di atti illeciti e interferenze amministrative, a fronte di un’opera che avrebbe dovuto costare non più di 72 milioni. Eppure i lavori del porto, appaltati nel 2008, sono ancora in alto mare e difficilmente potranno essere portati a termine dal momento che, non lontano dalla riva, ci sono ancora bombe della seconda guerra mondiale la cui bonifica non è mai stata conclusa. Tra gli indagati c'è anche l’ex sindaco e presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, Antonio Azzollini. A suo carico non risulta la richiesta e tanto meno l’emissione di alcuna misura cautelare.

Oltre all’utilizzo improprio di una parte dei finanziamenti, l’inchiesta della procura di Trani riguarda anche aspetti di natura ambientale. Gli accertamenti hanno, infatti, stabilito che i lavori sono andati avanti nonostante non fosse stata mai completata la bonifica delle aree minate. Proprio questo avrebbe provocato un rallentamento dei lavori consentendo all’Ati di ottenere 7,8 milioni di euro in virtù di una transazione con il Comune per un risarcimento dovuto proprio all’impossibilità di portare avanti i lavori. Secondo gli inquirenti, invece, l’azienda appaltatrice non avrebbe dovuto accettare la consegna dei lavori. Ma, avendoli accettati, non poteva avanzare alcuna richiesta di maggiori oneri dovuti all’allungamento dei tempi. Anche perché la presenza di bombe nell’area era stata ampiamente accertata da indagini preliminari. L’azienda ne era a conoscenza già prima di accettare la consegna dei lavori. Non solo. Diversamente da quanto attestato dai progettisti, l’area di espansione del porto ricadeva nella perimetrazione del sito di interesse comunitario "Posidonio San Vito", tutelato per la presenza della Posidonia. I materiali di risulta del dragaggio, poi, non sono mai stati smaltiti in maniera regolare ma riversati in una colmata.

In questa finivano anche ordigni e proiettili.

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