Coronavirus

Ecco il giorno in cui finirà tutto: il virologo adesso rivela la data

Il professor Pregliasco ommenta i dati ricavati da uno studio cinese secondo cui la riapertura del Paese il 4 maggio è troppo rischiosa: "Modello Sir usato dai ricercatori cinesi è vecchio e semplificato, ma conferma quello che sappiamo già: non siamo ancora alla fine". E spunta una data per la "resa" del Covid

Ecco il giorno in cui finirà tutto: il virologo adesso rivela la data

Intervistato da AdnKronos per commentare lo studio effettuato dall'ospedale generale cinese di Pechino, secondo il quale la riapertura in Italia è troppo prematura, il direttore sanitario dell'Irccs di Milano Fabrizio Pregliasco conferma quanto dichiarato nelle scorse ore, ventilando un certo ottimismo circa la gestione dell'epidemia Coronavirus nel nostro Paese ma senza abbassare la guardia.

Una conclusione in estate della diffusione del Covid-19 può essere ipotizzabile, ma ciò non significa affatto che la guerra sia finita. "L'epidemia di Covid-19 nel nostro Paese finirà il 6 agosto? È plausibile, e conferma quello che ho sempre detto: il virus non ci ha lasciati. Non siamo ancora alla fine dell'epidemia", sostiene il professore, che poi viene interpellato circa il modello ricostruito dai cinesi per studiare le differenze tra lo sviluppo della malattia nella provincia di Hunan e quello in tutto lo Stivale.

Lo scopo principale era quello di comprendere perchè in Italia contagi e morti siano stati superiori a quelli registrati nella provincia cinese."Sebbene le due zone (provincia di Hunan e Italia) abbiano una popolazione simile, di circa 60-70 milioni di persone, la diffusione del virus è avvenuta in maniera nettamente diversa: la penisola italiana si colloca al terzo posto tra le aree più colpite e in quanto al numero di decessi è seconda solo agli Stati Uniti, mentre a Hunan sono stati confermati poco piu' di mille casi", stando ai dati del Coronavirus resource center dell'università Johns Hopkins come riportatro da Agi.

"È importante sottolineare che nelle situazioni reali la velocità di trasmissione può essere influenzata da diversi fattori, come la protezione personale, l'isolamento sociale e il blocco delle città. Secondo il modello esteso SIR, a Hunan dovrebbero essere 3.369 i casi totali, e i contagi a zero sarebbero avvenuti il 3 marzo, mentre in Italia sarebbero circa 182.051 le infezioni attese, con una data di fine epidemia intorno al 6 agosto". Queste le parole di Wangping Jia dell'ospedale generale cinese di Pechino."Le ragioni di tale disparità potrebbero essere dovute a diversi fattori, primo tra tutti la mancata tempestività nell'attuazione delle misure di prevenzione in Italia. Il Governo italiano ha annunciato che le misure di quarantena saranno allentate dal 4 maggio, ben tre mesi prima di quanto consiglia il modello SIR. Siamo convinti che sia troppo presto", riporta lo studio cinese.

"Il modello Sir usato dai ricercatori cinesi è vecchio e semplificato rispetto agli altri modelli usati in questo periodo, ma conferma quello che sappiamo già: non siamo ancora alla fine e non dobbiamo abbassare la guardia", ribatte invece il dottor Pregliasco. "Lo tsunami della Lombardia non ha consentito in quest'area un'azione preventiva, che invece è stata possibile ed efficace in altre aree del Paese. E ce lo dicono i numeri", aggiunge il professore. "Il problema è che ora vediamo il paradosso della prevenzione: dove l'ondata non è arrivata, proprio grazie alle misure adottate, si tende a mettere in dubbio l'utilità delle misure stesse. Un paradosso analogo a quello dei vaccini: hanno sconfitto le malattie e cancellato anche il ricordo del pericolo, così si è finito per metterne in dubbio l'utilità.

Quanto ai dati, bisogna capire il grado di sottostima anche di quelli cinesi", conclude Pregliasco.

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