Premier assediato tra spie e F35

Premier assediato tra spie e F35

Il consueto aplomb e il ciuffo imperturbabile non fanno trasparire la delicatezza della situazione per il presidente del Consiglio. Tra misteriosi incontri di 007 e inviati di Trump a caccia di informazioni sul Russiagate, primi scricchiolii nella maggioranza, prese di distanza persino del M5s sugli F35 e interrogazioni leghiste sui buchi neri della sua carriera universitaria il premier ha davanti a sé un autunno rovente. Il primo varco che lo attende è il Copasir, la commissione parlamentare sui servizi segreti, a cui dovrà rendere conto delle motivazioni dietro il viaggio a Roma dell'Attorney general William Burr, capo del Dipartimento di giustizia Usa, e del suo incontro con il numero uno del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza) Gennaro Vecchione, organizzato dribblando il normale protocollo diplomatico. Con Burr in Italia c'era anche John Durham, il procuratore cui era stato affidato il compito di verificare se alcuni alleati di Washington avessero complottato nel 2016 per impedire che alla Casa Bianca arrivasse Trump.

Che ruolo ha avuto l'Italia in questa spy-story e cosa sapeva Conte a proposito di quegli incontri? Il premier ha assicurato che «non è stata commessa alcuna anomalia» e che parlerà al Copasir, ma sa che questa storia getta un'ombra anche sulla sua reinvestitura a Palazzo Chigi, pubblicamente supportata proprio da Donald Trump in un tweet nel pieno della crisi di governo. Uno che la sa lunga come l'ex ministro Vincenzo Scotti, fondatore della discussa Link Campus University implicata nella vicenda, dice che in questa storia «Conte ha mostrato debolezza». E Di Maio? Dice che si fida «ciecamente» di Conte. Un modo gentile per dire: non ne so nulla, è una faccenda che deve spiegare lui. Il tutto poi va letto alla luce del fatto che le deleghe sui servizi segreti attualmente fanno capo proprio al presidente del Consiglio, mentre è in ballo la nomina del nuovo presidente del Copasir (si potrebbe decidere già domani, in lizza Lega e Fdi).

Ma sempre sull'asse atlantico c'è un'altra grana da gestire per Conte. Dopo l'incontro con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, è uscita l'indiscrezione che il premier italiano avrebbe assicurato il via libera al programma militare F35, l'acquisto di 90 caccia made in Usa da sempre considerata una follia dal M5s. Che infatti ha subito reagito facendo sapere di essere stupito dalle voci di un accordo tra Conte e l'emissario della Casa Bianca sugli F35. Parole che hanno costretto il premier a far uscire una velina in cui «fonti di Palazzo Chigi» fanno sapere che Conte è «d'accordo sulla rinegoziazione» del programma. Una formula che significa tutto e niente e lascia quindi aperta la questione (che andrà risolta entro il 2020), potenzialmente destabilizzante rispetto ai rapporti tra Conte e Di Maio.

Il premier è sotto attacco anche su un altro fronte, quello dei suoi rapporti professionali con il professor Guido Alpa, membro della commissione d'esame con cui Conte nel 2002 diventò professore ordinario. La Lega sta martellando da giorni con una interrogazione parlamentare che chiede a Conte di dimostrare di non essere stato socio di Alpa. Una circostanza sempre negata dal presidente del Consiglio. Ma la Lega sembra avere in mano informazioni sufficienti per poterlo smentire. Il punto sono dei «progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante della Privacy», che Conte e Alpa avevano difeso insieme in una causa contro la Rai. L'esistenza di una parcella cointestata contraddirebbe quanto finora affermato da Conte circa «la sua totale autonomia e l'inesistenza di alcun rapporto di interdipendenza economica con il Prof. Avv. Alpa», come scrive la Lega nell'interrogazione.

Salvini non vede l'ora di vendicarsi: «C'è un presidente del Consiglio in fuga, un avvocato in fuga dalle domande che Parlamento e Paese gli rivolgono sulla sua gestione dei servizi, sui suoi presunti conflitti di interesse, su parcelle e concorsi. Prima o poi si fermerà e gli si chiederà conto di quello che ha detto, e che non ha detto, che ha fatto e che non ha fatto» attacca l'ex ministro.

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