Mi sono innamorato di te perché non avevo nulla da fare. Una vecchia canzone di Luigi Tenco racconta il sentimento dei partiti di maggioranza nei confronti di Giuseppe Conte. Si va avanti per noia, disillusione, opportunismo e per mancanza di alternative. Solo che, nel caso del governo, il rischio di fare danni è molto più alto. Non a loro, ma a noi. L'Italia del virus non solo sta consumando risparmi, impresa e lavoro, ma anche il poco che resta della cultura democratica.
L'orizzonte dell'emergenza viene spostato sempre un po' più in là e questo permette a un premier che ha come progetto politico solo la sua sopravvivenza a Palazzo Chigi di indossare senza scandalo la maschera da «caporale». I caporali, per capirsi, sono quelli detestati da Totò. Conte ne incarna l'essenza: tante regole, molti sorrisi, nessun progetto. Tutto questo relegando il Parlamento a club della domenica.
L'idea di prorogare i poteri straordinari del governo fino al 31 dicembre è apparsa a molti, non solo nell'opposizione, ma anche tra i virologi e perfino nel Pd e in quel che resta dei grillini, subito urticante. Solo che poi fastidio e preoccupazione sono scivolati via. Tirare a campare è più importante. Si è fatta sentire però Elisabetta Casellati, presidente del Senato, con parole piuttosto forti: martedì ci sarà un voto su questo tema. «Mi auguro - ha detto al Tg5 - che sia l'inizio di una democrazia compiuta, perché alla Camera e al Senato siamo ormai gli invisibili della Costituzione». Maria Stella Gelmini si rivolge a Pd e renziani, chiede un sussulto di orgoglio: «Conte ha tentato un blitz notturno. Le opposizioni hanno stoppato questo maldestro tentativo. Ora l'ultima parola spetta al Parlamento».
Solo che ogni volta che qualcuno chiede a Conte di andare in Parlamento lui svicola, prende tempo, chiede a qualcun altro di metterci la faccia. Martedì, infatti, tocca a Roberto Speranza, ministro spesso fantasma della Sanità. Sarà lui a illustrare il Dpcm che proroga le norme anti contagio in scadenza il 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia.
Attenzione. Speranza non parlerà dei «pieni poteri» da consegnare a Conte. La proroga non è nel decreto, ma serve una nuova delibera di governo, da approvare prima del 31 luglio. È questo atto che sposta lo stato di emergenza di altri cinque mesi. Non è ancora stato scritto, ma il contenuto è scontato. Conte ne parlerà davanti a deputati e senatori? Forse. Ha promesso che lo farà.
C'è il rischio che martedì, con un voto sulle parole di Speranza, il governo vada sotto? Poco probabile. Il governo a Palazzo Madama può contare, grazie a un paio di senatori a vita e qualche fedelissimo del gruppo misto, sette senatori in più rispetto alla maggioranza assoluta. In questo caso basta quella semplice, con 141 voti in genere se la cavano. L'incognita sono i Cinque Stelle, dove ognuno ormai pensa per sé, ma nessuno di loro vota per andare a casa. Nel Pd ci sarebbero senatori stufi di Conte, ma senza alternativa non si azzardano e poi Zingaretti li ha blindati con un ordine che non lascia vuoti di interpretazione: «Il Pd è pronto a sostenere qualsiasi scelta del governo utile a contenere la pandemia». Perfino la dittatura, se si prende il testo alla lettera.
Conte, quindi, può andare avanti sfruttando il virus. Le sue preoccupazioni riguardano più le scelte economiche. Il 15 luglio, mercoledì, prima del Consiglio europeo, Conte andrà in Parlamento a dire cosa pensa di fare sul Mes e sul Recovery. Ci sarà un voto.
Lì bisogna capire cosa faranno i grillini. Più preoccupante è il voto di fine luglio sullo scostamento di bilancio. Il governo deve chiedere di potere spendere 15 miliardi in più. Serve la maggioranza assoluta. In questo caso davvero si balla.
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