Prof, si sbaglia: oggi studiare è una battaglia

Prof, si sbaglia: oggi studiare è una battaglia

Non c'è partito politico che non abbia nel suo programma la questione della disoccupazione giovanile. Si pensa, ovviamente, di poter affrontare tale emergenza attraverso ingegnerie economiche e finanziarie, e si sottovaluta come questo problema sia una vera e propria ossessione per genitori e ragazzi. La laurea rappresenta per le famiglie un punto di arrivo: per quelle benestanti è l'occasione per portare il figlio al livello della loro tradizione; per quelle umili, un riscatto sociale rappresentato dal figlio diventato dottore. Inevitabile che lo studio universitario finisca per avere valori simbolici, che spesso non corrispondono alla realtà. La laurea, il più delle volte, è il classico pezzo di carta che non serve a niente: non aiuta a trovare lavoro, e i valori simbolici presto svaniscono o diventano testimonianze di pesanti frustrazioni. Ci vuole poco tempo a un giovane iscritto all'università per capire che i suoi studi non gli consentiranno la sperata professionalizzazione, deludendo i propri cari. Troppo nepotismo, poca meritocrazia, scadenti competenze apprese durante i corsi accademici. Eppure, nonostante questa evidenza, ci sono ragazzi emozionanti per come si applicano nello studio, sperando di farcela. Adesso mettiamo in fila quanto ho detto e tiriamo le somme. Una comunicazione politica che ossessiona sulla questione della disoccupazione dei giovani senza fare niente di concreto: «La buona scuola» è stata un disastro; e il primo modo, in assoluto, per aiutare i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro è curare, a tutti i livelli, la loro formazione.

Le famiglie sono comprensibilmente in ansia: sono lasciate sole. Alcune sono attrezzate psicologicamente per aiutare i propri figli rendendoli responsabili senza creare loro paranoie; altre non ce la fanno e creano ansie, nevrosi ai ragazzi. I ragazzi-studenti comprendono alla svelta le enormi difficoltà che li attendono. Imparano poco; il mondo del lavoro sembra un pianeta lontano; le ingiustizie sul merito sono una provocazione sotto gli occhi di chi non nasconde per opportunismo la testa. Ora leggo che un professore suggerisce ai giovani di non considerare gli studi come una corsa ad ostacoli verso il lavoro. Ma non scherziamo, basta con questa retorica.

È peggio di una corsa a ostacoli quella dei nostri studenti: è una sfida dolorosa che deve fronteggiare l'insipienza politica; la solitudine delle famiglie; la modesta formazione degli studi. C'è chi non regge e la fa finita volando da una finestra: è tragicamente comprensibile. Almeno si consideri la tragedia come un atto d'accusa e non un'occasione per suggerimenti di false serenità.

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