In Puglia torna l'incubo immigrazione. Come negli anni Novanta, la regione potrebbe affrontare un'ondata di immigrazione senza precedenti. È alta l’attenzione in Puglia per la possibile riapertura della rotta adriatica, che nei prossimi mesi potrebbe essere scelta da migliaia di profughi siriani come via d’ingresso verso l’Europa. La presenza di almeno 25.000 persone bloccate ai confini settentrionali della Grecia - a causa della stretta alle frontiere imposta da Austria, Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia - ha determinato l’innalzamento del livello di allerta in Puglia, e in particolare in Salento, per la possibile ripresa degli sbarchi. Questa eventualità sarà presumibilmente affrontata lunedì a Bari con il ministro dell’Interno Angelino Alfano, durante la riunione della Conferenza regionale dei prefetti, annunciata nel corso della visita del 5 febbraio e che avrà come tema principale il livello di contrasto alla criminalità organizzata. Preoccupazione per la riapertura della rotta adriatica al posto di quella balcanica, è stata espressa dal procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce (competente sui reati connessi all’immigrazione), Cataldo Motta. "Pur non avendo allo stato segnali concreti in relazione alla organizzazione di viaggi di migranti verso la Puglia - ha detto il procuratore - c’è attenzione molto alta per l’effetto rimbalzo che la chiusura delle frontiere a nord della Grecia potrebbe avere sulla nostra regione".
Dello stesso avviso è il prefetto di Lecce, Claudio Palomba, chiamato a coordinare il sistema della sicurezza e dell’accoglienza nell’area della Puglia che risulta più a rischio, a causa della vicinanza ridotta rispetto alle coste della Grecia, della lunghezza dei suoi litorali (300 chilometri tra Ionio e Adriatico) e della presenza di innumerevoli punti di approdo difficilmente controllabili. Lungo quelle coste si svolgono incessanti monitoraggi da parte della guardia di finanza e della guardia costiera e anche la popolazione dei paesi affacciati sul mare è ormai abituata a controllare l’arrivo di imbarcazioni sospette e a segnalare la presenza alle forze dell’ordine. L’ultimo sbarco di immigrati è avvenuto l’11 gennaio, in tre punti diversi della costa meridionale del Salento ed è stato segnato dalla morte di una giovane donna nigeriana. Da allora non ci sono stati altri segnali di ripresa dell’attività connessa ai viaggi della speranza, mentre in tre circostanze la guardia di finanza ha intercettato imbarcazioni che trasportavano droga dall’Albania verso l’Italia. Il continuo arrivo di profughi in Grecia, tuttavia, lascia ipotizzare un rinnovato interesse delle organizzazioni criminali internazionali verso il trasferimento dei migranti via mare in Puglia. In regione è in pre-allerta anche il sistema della Protezione civile, coordinato dall’assessore regionale, già prefetto di Bari, Antonio Nunziante, che ha definito la Puglia "pronta ad affrontare l’emergenza umanitaria»" Nei giorni scorsi è stata inaugurata a Bari una rete radio regionale, che mette in comunicazione contestualmente tutte le Prefetture e, in caso di necessità, consentirà di gestire più rapidamente le situazioni di emergenza. In settimana, invece, dovrebbe essere ultimato l’hot spot di Taranto, centro di identificazione e prima accoglienza, la cui creazione rientra nel piano del Governo per cercare di aumentare il numero di posti attualmente a disposizione per ospitare i migranti all’arrivo in Italia. Contestualmente le prefetture metteranno a gara altri posti negli Sprar. Stando a quanto dichiarato dal prefetto di Lecce, Palomba, il bando per il Salento sarà pubblicato nei prossimi giorni.
In questo quadro di immigrazione spunta la minaccia jihadista. I terroristi trovano proprio tra i migranti il modo di mimetizzarsi per sbarcare in Europa e compiere gesti eclatanti. La Ue, come ricorda La Stampa, ha diversi programmi per proteggersi, sigle come Secureau per l’acqua, Bio-Protect, Reward, Scintilla per la sorveglianza radioattiva, Sniffer per la sicurezza della catena alimentare, Cato, Eden, Cast, Bridge, che indicano varie iniziative per la difesa. Tutti programmi che secondo le informazioni della Cia non sarebbero utili per arginare la minaccia jihadista. In un dossier del capo della Cia, John Brennan, ora nelle mani dell'Onu, si legge: "I governi e le istituzioni europee devono stare allerta, e dovrebbero considerare di discutere pubblicamente la possibilità di un attacco terroristico usando materiali chimici, biologici, radiologici, o anche nucleari".
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