Cronache

Puglia, la guerra dell'uva: con o senza semi?

Da un lato ci sono i titolari dei brevetti "apirene" (la qualità senza semi), dall'altra gli agricoltori dell'uva con i semi. Questi ultimi sono costretti a pagare a peso d’oro i brevetti e a vincolarsi a quel tipo di produzione, hanno fatto ricorso all'autorità garante della concorrenza e del mercato perché la Puglia rischia di perdere il primato produttivo nazionale

Puglia, la guerra dell'uva: con o senza semi?

È sulla terra rossa e fertile, che, in Puglia si sta portando avanti una guerra importante. C'è chi l'uva la produce con i semi e chi senza. La qustione ruota tutta intorno ai brevetti e all'antitrust.

Come si legge in un articolo di Fulvio Colucci sul quotidiano regionale "La Gazzetta del Mezzogiorno", da un lato ci sono i titolari dei brevetti "apirene" (l'uva senza semi), dall'altro gli agricoltori pugliesi che hanno ottenuto la licenza per produrre l'apirene, ma a percentuali altissime volute dai proprietari delle licenze date in concessione.

Questa guerra è partita da un gruppo di produttori pugliesi che ha presentato ricorso all’autorità garante della concorrenza e del mercato a cui è stato chiesto un parere in merito. Gli agricoltori vogliono essere liberi di produrre quello che la loro terra ha sempre donato senza dover sottostare alle dure regole del mercato che mettono in ginocchio l'economia pugliese. In questa guerra sono coinvolte anche le associazioni di categoria. La Cia (è la confederazione italiana agricoltori) avrebbe presentato, a sua volta, un ricorso al Garante per tutelare gli iscritti che versano in situazioni di difficoltà.

Secondo quanto sulle pagine della Gazzetta, Cinzia Coduti, responsabile nazionale dell'ambiente e del territorio di Coldiretti ha dichiarato che i titolari dei brevetti avendo investito nelle ricerche e nell’innovazione devono vedere i frutti dei loro sacrifici, ma dall'altra parte ci sono gli imprenditori agricoli che vogliono utilizzare quella varietà d’uva e ha diritto ai ricavi della produzione. "Se i costi sono elevati, il prezzo di vendita deve essere giusto, altrimenti è un disastro" spiega Coduti. E al disastro si accompagna un vero e proprio esproprio della terra da parte dei titolari di brevetto.

Su casi come questi è intervenuta anche l'Unione Europea con la direttiva 633 del 2019 secondo la quale entro il 2021 ci deve essere un equilibrio tra i titolari dei brevetti e i produttori attraverso royalties per chi ha brevetti e prezzi remunerativi per gli agricoltori che hanno le licenze.

C'è chi chiede al Parlamento di intervenire, come l'ex deputato Paolo Rubino "perché nella vicenda dell’uva senza semi gli agricoltori stanno diventando coloni ed è in corso una “controriforma” che toglie loro la proprietà della terra. Si stanno verificando gli stessi effetti della vendita dei terreni all’asta.". Rubino sottolinea un passaggio: "Se smonti il tendone perdi il terreno. È l’esproprio della globalizzazione. Gli effetti sono esattamente contrari a quelli del Brasile. Lì il movimento dei 'Senza terra' si è ripreso la terra occupandola. Qui le multinazionali cacciano gli agricoltori. Se riflettiamo è la stessa politica.

Perciò bisogna lavorare in silenzio e incidere sui fatti, sulle cose".

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