Cronache

Il padre di Niccolò: "La punizione per i tre ceceni? Vederli al posto di mio figlio"

Luigi Ciatti, papà di Niccolò ucciso in una discoteca in Spagna, chiede giustizia: "Volevo regalargli una casa, dovrò comprare una bara"

Il padre di Niccolò: "La punizione per i tre ceceni? Vederli al posto di mio figlio"

Il ricordo è ancora troppo fresco per poter dimenticare. E il dolore per la morte di un figlio non si spegne mai. È una ferita che non si rimargina. Papà Luigi e mamma Cinzia Ciatti sono ancora costernati per la morte di Niccolò, ucciso a suon di calci in una discoteca in Spagna. Sono volati a Barcellona, dove li attendeva il corpo esanime del loro figlio, morto in una pozza di sangue nella discoteca Sant Trop di Lloret de Mard in Costa Brava.

La famiglia chiede giustizia. "Chi ha ucciso mio figlio deve pagare, non si può morire così - dice Luigi Ciatti a Libero - È brutto da dire, ma l’unica punizione veramente giusta per quelle belve che me lo hanno portato via sarebbe che si trovassero loro al posto di Niccolò". Occhio per occhio, dente per dente. O forse è solo giustizia quella che invoca il papà di Niccolò nei confronti di Rassoul Bissoultanov, ceceno, classe 1993, residente a Strasburgo e i suoi due amici, Movsar Magomedov (1991) e Khabiboul Khabatov (1996). Due di loro sono già liberi. "Ci hanno detto che non hanno sferrato il calcio che lo ha mandato all’altro mondo, non lo so. So solo che voglio giustizia, che seguirò il processo e farò tutto quello che è in mio potere, mi appellerò a tutte le sedi possibili, per chiedere che Niccolò non sia dimenticato. Chi lo ha ucciso non deve farsi qualche anno di carcere e basta, uscire come se niente fosse successo. Mio figlio non lo riporta indietro nessuno".

Chissà se vedere in galera gli autori di un simile gesto possa bastare per sopire la rabbia. "Siamo furenti - continua Luigi - Non credo a chi oggi racconta che quel ragazzo ceceno sia “una brava persona” o un “un tipo tranquillo“. Non è uno stinco di santo, nessuno dei tre che hanno accerchiato mio figlio lo è. E per quello che hanno fatto devono pagare".

Una volta atterrati a Barcellona, la famiglia dovrà compilare le carte per riportare la salma a Scandicci, quel paese sulle rive dell'Arno dove Niccolò era cresciuto. "Lo riporterò a casa, dovevo comprargli un appartamento e invece gli prenderò una bara. Non ci sono parole per descrivere quello che proviamo in questo momento.

Nei prossimi giorni lo riporteremo in Toscana, e chiederemo giustizia finché avremmo fiato".

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