Centinaia di coltellate uccisero Elisa e Patrizio, i fidanzatini di Cori. E quasi cento fendenti diedero la morte alla mamma e al fratellino di Erika, a Novi Ligure. È il fenomeno dell'overkilling, che porta l'omicida a infierire sul corpo della propria vittima, anche quando questa ha già smesso di vivere. Ma in cosa consiste e cosa può scatenare questo comportamento? A spiegarlo, in un'intervista a ilGiornale.it, è la dottoressa Ilaria Cabula, psicologa formata in psicologia clinica e in psicologia forense.
Diamo una definizione di overkilling. Cosa si intende con questo termine?
"Il termine ha avuto origine, in ambito militare, intorno agli anni ’50 con riferimento alle armi nucleari, capaci di distruggere più volte il bersaglio. Col tempo ha però acquisito un significato differente. Attualmente la parola 'overkilling' viene utilizzata per indicare l’utilizzo di una forza eccessiva o un’azione che risulti essere di gran lunga maggiore rispetto a quanto sia necessario per uccidere la vittima. Proprio per tale ragione è, spesso, un’azione che si protrae post-mortem, ovvero dopo l’uccisione della persona".
Quando si può parlare di overkilling?
"Uno studio recente [Martins T.:2019] ha evidenziato come si possa identificare un punto di cut-off, ossia il punto in cui si può parlare di un eccesso di violenza per commettere un omicidio. Tale cut-off è rappresentato da 3 ferite da arma da fuoco, 17 coltellate e 6 ferite da colpo contundente".
Quale potrebbe essere stato un caso italiano di overkilling?
"Un caso tipico di overkilling in Italia si può, per esempio, ritrovare nel delitto di Novi Ligure, in cui i due autori di reato – Erika de Nardo e Mauro Favaro (detto Omar) – avevano inflitto sulle vittime 97 coltellate, ossia un numero di coltellate maggiore e spropositato rispetto a quelle 'necessarie' per commettere l’omicidio".
Cosa può scatenare questo comportamento in un assassino?
"Ci sono varie teorie che possono spiegare il perché venga messo in atto un simile comportamento. In primo luogo, ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che si tratti di un comportamento incontrollato, in cui l’offender ripete gli stessi atti violenti in modo quasi meccanico, a causa di un’eventuale reazione da parte della vittima e del procedere degli eventi. In secondo luogo l’eccesso di violenza potrebbe essere spiegato anche dal nervosismo da parte dell’autore del reato e dalla paura di poter essere riconosciuto dalla vittima o che la vittima stessa possa sopravvivere e, quindi, denunciare l’accaduto. Una teoria differente riguarda invece gli omicidi a stampo o comunque effettuati dalla criminalità organizzata, in cui l’overkilling può essere scatenato dal desiderio di vendetta e dal desiderio di mutilare la vittima a scopo dimostrativo".
Ci sono tipologie di delitti nelle quali è più probabile l’overkilling?
"Generalmente l’overkilling si ritrova nei delitti disorganizzati, ossia quegli omicidi non pianificati, in cui la scena del crimine appare caotica e disordinata, e il corpo della vittima non viene occultato o spostato. Qui sono tipiche delle azioni incontrollate, come possono essere quelle legate all’overkilling. A livello statistico la letteratura scientifica evidenzia come vi siano tipologie di delitti in cui può essere maggiormente riscontrato l’overkilling: omicidi a sfondo sessuale, omicidi nei confronti della comunità Lgbt+, omicidi in cui vi è un legame tra l’offender e la vittima, omicidi a stampo mafioso".
L’overkilling è sinonimo di un’azione impulsiva o potrebbe caratterizzare anche i delitti premeditati?
"Nella maggior parte dei casi, per sua natura, l’overkilling risulta essere un’azione impulsiva. A riguardo, per esempio, è stato coniato il termine 'overkill syndrome' per indicare 'attacchi frenetici caratterizzati dall’assenza di controllo' da parte dell’autore del reato".
Questo fenomeno è legato all’utilizzo di un particolare tipo di arma?
"Generalmente l’overkilling viene messo in atto mediante armi da fuoco, armi da taglio e oggetti contundenti. Le armi da fuoco risultano essere l’arma maggiormente utilizzata nei casi di omicidio, grazie alla facilità – in alcuni Paesi – dell’accesso allo strumento, alla distanza che l’offender può tenere tra sé e la vittima e alla capacità di assicurarsi di raggiungere il proprio obiettivo, ovvero l’uccisione della vittima.
L’utilizzo di armi da taglio, quindi coltelli e qualsiasi oggetto appuntito, si riscontra specialmente nei casi di omicidio a sfondo sessuale o in cui vi era un legame tra l’autore del reato e la vittima. Gli oggetti contundenti vengono, invece, trovati spesso all’interno delle scene del crimine di tipo disorganizzato e indicano come l’omicidio sia stato impulsivo e non pianificato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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