Coronavirus

Quando il virus è l'ignoranza dei ragazzi

Una valanga di informazioni sbagliate produce uno tsunami di ignoranza. È quello che è successo in questi apocalittici giorni

Quando il virus è  l'ignoranza dei ragazzi

Una valanga di informazioni sbagliate produce uno tsunami di ignoranza. È quello che è successo in questi apocalittici giorni. Durante lo scorso fine settimana si è manifestato un mastodontico sdoppiamento tra mondo reale e mondo virtuale. Da una parte i media tradizionali - giornali di carta, giornali on line, radio e televisioni - che urlano a squarciagola a tutti gli italiani (non solo i lombardi) di non uscire di casa, di non andare nei locali pubblici, di non affollarsi nei parchi, di non creare assembramenti, di tenere almeno un metro di distanza l'uno dall'altro. Dall'altra parte - sui nuovi media, cioè sui vari social network - frotte di giovani imbecilli ammassati gli uni sugli altri, assiepati attorno a tavoli di bar, abbracciati a un centimetro di distanza per scattare un selfie da postare nelle sopraccitate reti sociali. Due mondi apparentemente impermeabili tra loro. E, davanti all'ostensione fotografica di tanta cretineria, viene da chiedersi: «Ma questi sono marziani? Non hanno letto un giornale o guardato un tg?». No, non lo fanno. Ed è questo il problema: l'ignoranza, che genera comportamenti criminali. Perché il mancato rispetto delle regole è un evidente reato di deficienza (no, intelligenza proprio non riusciamo a scriverlo) col nemico, cioè il Coronavirus. Ignoranza è non aprire un quotidiano, non accendere la tv su un canale di informazione e, in compenso, credere a tutta quella marea di balle che circolano su alcuni siti web. Perché il cretino che alza il calice in faccia al Covid19 è lo stesso cretino che su Facebook condivide articoli (senza alcun fondamento scientifico) contro i vaccini, che presta il fianco a qualsiasi complotto, che pensa che la terra sia piatta, che si affida ciecamente a ogni teoria antiscientifica, che crede alle scie chimiche, ma non si accorge che col suo comportamento rischia di ammazzare suo nonno che dorme nella stanza accanto a lui. Siamo - anche chi scrive -, una generazione che ha vissuto grazie ai più vecchi, ora dobbiamo metterci in testa che i più vecchi possono vivere o morire grazie a noi. In questi giorni abbiamo avuto la prova che la diffusione di panzane, fake news e balle che non hanno alcun appiglio medico e scientifico non è solo un problema informativo, ma un problema sanitario. Qualche anno fa il sociologo francese Gérald Bronner ha descritto questo fenomeno in un libro dal titolo La democrazia dei creduloni: «È la nuova sfida della nostra società: democrazia della conoscenza contro democrazia dei creduloni».

Noi siamo meno delicati di lui: questa è la democrazia dei coglioni.

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