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Quanto manca una leader come Thatcher

l 28 novembre 1990, Margaret Thatcher lasciava Downing Street. Era primo ministro del Regno Unito dal 1979. Per alcuni (progressisti in prevalenza) fece opera di macelleria sociale.

Quanto manca una leader come Thatcher

Il 28 novembre 1990, Margaret Thatcher lasciava Downing Street. Era primo ministro del Regno Unito dal 1979. Per alcuni (progressisti in prevalenza) fece opera di macelleria sociale. Per altri salvò l'Inghilterra dalla bancarotta, modernizzò l'economia, mise in guardia dai pericoli di una Unione europea burocratizzata, si oppose a ogni cedimento alla propaganda comunista, fece presente che l'individuo è al centro di tutte le cose, belle e brutte. Di tutto questo vi parlano due pezzi straordinari che il collega Massimo Veronese ha scovato nella miniera del nostro archivio. Il primo porta la firma del presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, il miglior alleato della Thatcher, alla quale era legato da affinità politiche ma anche umane. Reagan aveva dovuto lottare per ottenere credibilità e fu dileggiato per essere stato un attore hollywoodiano di medio calibro. Insomma, era un outsider. La Thatcher si impose in un mondo maschile, senza cedere al repertorio femminista o delle quote rosa: combatté per avere il consenso ed ebbe successo. C'era la regina ma la monarchia è un'altra cosa, l'asse ereditario non si mette ai voti. Della Thatcher come simbolo di emancipazione, scrive Anthony Burgess, l'autore di Arancia meccanica. Passata la tragedia del Coronavirus, al potere rimarrà la tentazione di ficcare le mani non solo nelle nostre tasche, ma anche nelle nostre vite. Nel dibattito sulla crisi, alcune forze politiche hanno una sola proposta: nazionalizzare. Si prepara un futuro che non vorremmo vedere. Proviamo a scongiurarlo con un «prontuario» fondato sulle parole di Maggie. Primo: «Non sono stata fortunata, me lo sono meritato» (lo disse a nove anni ritirando un premio). Secondo: «Gli eroi non hanno estrazione sociale». Terzo: «Dobbiamo appoggiare i lavoratori e non gli imboscati». Un intero programma politico e sociale in poche, semplici parole: tutti uguali alla linea di partenza, vinca il migliore, niente regole che imprigionano lo spirito imprenditoriale, niente rendite di posizione, assistenzialismo o regali a clientele elettorali. Purtroppo in Italia prevale la visione opposta: soldi (pochi) per i (molti) garantiti e povertà per gli altri, debito pubblico in perenne impennata e tasse assassine per mettere una toppa al buco. I detrattori della Thatcher ricordano sempre la frase: «La società non esiste». Peccato che il discorso proseguisse così: «La vita è un arazzo di individui, uomini e donne. La bellezza di questo arazzo e la qualità della nostra vita dipendono da quanta responsabilità ognuno di noi è disposto ad assumersi e quanto ognuno di noi è pronto a voltarsi e ad aiutare con i propri sforzi coloro che sono meno fortunati».

Un politico che chiede responsabilità senza fare la paternale ai cittadini: anche questo sarebbe una rivoluzione per l'Italia.

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