Nel "Bronx" nel centro di Firenze: "Noi, ostaggio degli africani"

A Firenze, in uno dei quartieri più conosciuti del centro storico, centinaia di immigrati irregolari hanno occupato la zona mettendo su una vera e propria piazza di spaccio

Nel "Bronx" nel centro di Firenze: "Noi, ostaggio degli africani"

Minacce, risse e spargimenti di sangue. Poi lo spaccio. Nel buio dei vicoli con i sanpietrini dove il rumore delle biciclette è il sottofondo inquietante di un quartiere stroncato dal degrado, i pusher si scambiano la merce, concludono affari, danno vita allo spettacolo dell’illegalità.

“All’inizio della strada si apposta un uomo a fare il palo, gli altri procedono per le stradine e si incontrano con l’acquirente. Erba, fumo, cocaina, crack, vendono di tutto”, ci spiega Giulio che da vent’anni vive tra quelle strade “ma mai come ora mi rendono triste”. Da un lato la stazione centrale di Firenze, dall’altro i lungarni, “e qui ormai è diventato il Bronx”.

Da anni ormai il quartiere di Borgo Ognissanti nel capoluogo toscano è stato “occupato” da immigrati africani. Sono le 19 di un lunedì sera quando arriviamo sul posto. Di colpo decine di occhi ci puntano, non appena mettiamo il naso fuori dalla macchina. Accanto a noi un minimarket che, come ci spiegheranno poco dopo i cittadini, “fa da base per i loro affari”.

Vedere qualche volto sconosciuto non sembra aggradare quelli che ormai, sono diventati i padroni della zona. “Io ho trentacinque anni - ci racconta Francesca - e non è possibile che una ragazza alla mia età debba aver paura a rientrare in casa da sola. Mi hanno inseguita, minacciata…non è giusto”. Francesca abita a due passi da una specie di bar gestito da somali, dove gli immigrati si ritrovano a bivaccare tutti i giorni, a tutte le ore del giorno.

Dalle finestre dei palazzi che affacciano sulla via principale di tanto in tanto sembra di essere sugli spalti attorno al ring. “Il regolamento dei conti tra le bande di spacciatori è un match di pugilato”, ci racconta Franco. Al centro della strada tra un cinema e un baretto i pusher si aggrediscono con calci e pugni. Qualcuno chiama la polizia, che arriva dopo qualche minuto a fermare gli irregolari. In pieno giorno. Tra gli sguardi attoniti dei bimbi della zona.

Poco più avanti scoviamo una piccola fontana che segna il centro di una piazzetta con le panchine all’ombra. All’interno sacchi di vestiti si intravedono dal foro di pietra. “Sotto ci nascondono la droga, sotterrata dagli abiti sporchi”, ci dice ancora Andrea. Ogni luogo poco in vista è buono come nascondiglio per le dosi da smerciare. I pusher le nascondono nei telai della biciclette con cui si spostano per le vie del centro storico fiorentino, nelle lavanderie a gettoni diventate un punto di ritrovo, sotto le auto e nei contatori del gas.

Proviamo a riprendere la situazione che ci accoglie come un fulmine a ciel sereno ma un ragazzo nordafricano attacca “togli la telecamera, non puoi riprendere, te lo spacco quel telefono”. É questo il modus operandi dei malavitosi. Con tono minaccioso mettono subito le cose in chiaro, disinibiti dai litri di birra ingeriti sugli scalini degli ingressi dei palazzi. “Noi condomini della zona torniamo la sera e per entrare nel portone della propria casa siamo costretti a subire offese e minacce. E queste persone sono pericolose perché non sai mai in che condizioni psicofisiche possano essere in quel momento”, ci dice Angelo, proprietario di una trattoria toscana in fondo alla via.

Anche le attività commerciali sono state stroncate dal degrado. “È difficile che una persona decida di venire qui, nel mio ristorante, a mangiare all’aperto circondata da questa situazione che è spiacevole”, continua Angelo. Le proprietà immobiliari sono impossibili da vendere perché la zona, che un tempo era sito di artigiani locali oggi è in mano ai pusher e questo fa paura.

A niente sono servite le denunce dei fiorentini all’amministrazione comunale.

Da anni i residenti chiedono che sia emessa un’ordinanza contro lo spaccio e il degrado e che la polizia venga a monitorare costantemente la situazione. Niente ancora è stato fatto. Non una singola cosa è cambiata dopo la lotta di chi chiede solo di vivere una vita normale. Almeno nella propria casa.

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