Avremmo potuto (e dovuto) fare molto di più per arginare la diffusione del Covid-19. Anche se la scorsa primavera, quando il Sars-CoV-2 ha fatto il suo esordio ufficiale, nessuno conosceva nel dettaglio le caratteristiche del virus, molte questioni sono state affrontate con troppa leggerezza. Proprio come quella delle varianti.
L'errore iniziale
Tralasciando le modalità di trasmissione dell'agente patogeno, con il conseguente dibattito sull'utilità di indossare le mascherine protettive e del lockdown, è interessante ricordare come, già un anno fa, c'erano esperti che mettevano in guarda sul rischio che il virus potesse mutare. Gli epidemiologi sanno, infatti, che tutti i virus si trasformano mano a mano che si diffondono.
Anche il Sars-CoV-2, dunque, si sarebbe comportato in modo analogo. Era tuttavia impossibile sapere se le mutazioni lo avrebbero reso più o meno pericoloso della sua forma tradizionale, più o meno resistente ai vaccini. Ma era facile immaginare che, prima o poi, quel virus sarebbe andato incontro a varie trasformazioni. Quelle stesse mutazioni che hanno originato varianti, e che oggi stanno creando non pochi problemi alle autorità sanitarie.
Consiglio inascoltato
Tra i primi – se non il primo in assoluto - a lanciare l'allarme sul pericolo dalle varianti c'era Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di statistica ed epidemiologia molecolare dell'Università Campus BioMedico di Roma. Il suo suggerimento è però subito caduto nel vuoto. Nessuno ha preso in considerazione la minaccia. Con il risultato che adesso il servizio sanitario naviga in alto mare, dopo aver scoperto di aver sottovalutato l'importanza di sequenziare le mutazioni del Sars-CoV-2.
Le proiezioni del Consiglio nazionale delle ricerche parlano chiaro. La pandemia di Covid ha ripreso a correre grazie alla diffusione delle varianti, molte delle quali più contagiose del normale. Al fine di arginare una situazione che potrebbe diventare pericolosa, è auspicabile creare un sistema di sorveglianza proprio come quello avviato dal Regno Unito nel marzo di un anno fa.
"Non è cambiato..."
"Ora come ora stiamo facendo pochi sequenziamenti programmati, siamo in ritardissimo", ha spiegato Ciccozzi nel corso di un'intervista rilasciata a La Nazione. La beffa è servita, visto che lo stesso Ciccozzi lanciò l'allarme in netto anticipo, salvo trovare il silenzio di molti suoi colleghi. "Fui messo in croce dagli stessi che oggi cavalcano le varianti", ha aggiunto.
Negli ultimi mesi, come ha sottolineato sempre La Nazione, vari esperti hanno affermato l'esatto contrario di Ciccozzi. Ilaria Capua, ad esempio, ad aprile spiegava: "Non abbiamo dati che il virus sia mutato". In seguito, a giugno, dichiarava: "Il virus non è cambiato". A maggio, Andrea Cristanti sosteneva una tesi ben precisa: "Il virus non è mutato e non è cambiato per nulla, ma è diminuita la sua carica infettiva".
Roberto Burioni, poche settimane fa, era stato chiaro: le varianti ci sono ma "non sono un pericolo". Nel frattempo l'Italia ha scoperto di essere in ritardo con il sistema di sorveglianza delle mutazioni del virus.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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