Quasi ogni giorno apprendiamo dell'arresto di terroristi islamici pronti a colpire o a farsi esplodere in Italia. Ebbene, cosa aspettiamo a elevare l'allerta al massimo livello? Dobbiamo obbligatoriamente attendere che ci sia l'attentato e la dolorosa conta dei morti per proclamare lo stato d'emergenza, come fece Hollande la sera del 13 novembre scorso, ammettendo che «siamo in guerra»?
È di ieri la rivelazione della registrazione della comunicazione tra il terrorista islamico tunisino Firas Barhoumi, che dall'Italia si è trasferito in Irak, in cui in italiano preannuncia la volontà di farsi esplodere in un attentato suicida al macedone Carlito Brigande, anche lui pronto a partire per combattere con l'Isis: «Prendo una macchina con l'esplosivo dentro per fare un'operazione contro i miscredenti».
L'11 marzo è emerso che nella lista di 122 aspiranti suicidi dell'Isis ci sono due terroristi islamici vissuti in Italia, che compaiono con il loro nome di battaglia: Rawaha al Itali, cioè «l'italiano», con due carte di identità una italiana e una marocchina, e Abu Ishaq al Tunisi, cioè «il tunisino».Sempre l'11 marzo abbiamo scoperto che il commando dei terroristi islamici dell'Isis che il 7 marzo ha assaltato la cittadina tunisina di Ben Guerdane era guidato dal tunisino Moez Fezzani, nome di battaglia Abu Nassim, che risiedeva in Italia insieme al connazionale Noureddine Chouchane, rimasto ucciso nel bombardamento aereo americano su Sabrata lo scorso 19 febbraio. Il 10 marzo apprendiamo della nomina di Abdel Qader al Najdi a nuovo «emiro» dell'Isis in Libia, che si augura che «i soldati dell'avanguardia del Califfato in Libia possano essere tra i conquistatori di Roma»
.Il 9 marzo un sedicente imam somalo di 22 anni, accolto come «richiedente asilo» a Campobasso, viene arrestato mentre sta per trasferirsi a Roma per compiere un attentato terroristico suicida, probabilmente alla Stazione Termini.
È sufficiente ciò che trapela attraverso la stampa per prendere atto che l'Italia è pesantemente infiltrata dai terroristi islamici dell'Isis e di altre sigle. Ma è del tutto ovvio che la realtà che dovrebbero conoscere i servizi di sicurezza non può che essere ben più grave.
E allora cosa aspetta il ministro dell'Interno Alfano a cambiare musica, a smetterla di farci ascoltare lo stesso disco rotto: «Nessuno può dirsi al riparo dal terrorismo» ma «non ci sono segni concreti dell'imminenza di un attentato»? Quand'è che Alfano imparerà che con il terrorismo islamico micro-cellulare, autoctono e endogeno, non ci saranno mai «segni concreti dell'imminenza di un attentato»? Quand'è che Alfano scoprirà che tra i circa 240mila clandestini che scorrazzano in libertà in Italia e che ogni giorno continuano ad affluire ci sono sicuramente parecchi terroristi islamici? Prima ancora che ci sia un attentato terroristico jihadista, il vero attentato in Italia è quello perpetrato da chi omette per inadeguatezza o comunque irresponsabilmente di tutelare adeguatamente la sicurezza nazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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