Ravasi dice "no" alla trasformazione delle chiese in moschee

Le moschee non possono sorgere nei luoghi di culto del cattolicesimo. Questa, in sintesi, la posizione del cardinal Ravasi

Ravasi dice "no" alla trasformazione delle chiese in moschee

Il cardinal Ravasi è intervenuto sull'ipotesi per cui le chiese non più frequentate da fedeli cattolici vengano trasformate in moschee.

Papa Francesco, qualche giorno fa, aveva aperto alla cessione dei luoghi di culto rimasti inutilizzati. Bergoglio aveva sottolineato la possibilità di vendere i beni ecclesiastici a patto che questo atto servisse a dare ausilio ai poveri. Gli ambienti vaticani, in seguito alla presa di posizione del pontefice argentino, si stanno interrogando sul da farsi.

Il porporato italiano, che è il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, è stato intervistato su questo e altri temi da IlMessaggero. Ravasi ha evidenziato le problematiche relative al far sì che una chiesa venga tramutata in una moschea: "Le identità sono troppo diverse tra questi due luoghi di culto. Ma - ha specificato - se sorgono necessità ecco che la moschea sarà un segno nuovo dentro un quartiere, come del resto è avvenuto in tante città americane".

"No", quindi, a una trasformazione pura e semplice delle chiese cristiane in luoghi deputati alle pratiche religiose musulmane. "Se in un quartiere o in una città sorgono nuove necessità di culto da parte della comunità islamica - ha però continuato il cardinale -, allora si deve costruire una moschea, con tutte le condizioni d'uso necessarie". C'è stato spazio pure per chiarire qual è il pensiero di Ravasi sulla polemica che ogni anno, almeno in questo periodo, finisce per interessare il presepe e le altre simbologie tipiche del periodo dell'Avvento.

L'alto prelato si è augurato che i segni del cristianesimo siano sempre presenti in quei "luoghi in cui c'è una comunità che si

riconosce in quei simboli. Lì - ha detto - il ritorno (del presepe e del crocifisso, ndr) è possibile ed anche auspicabile come memoria storica di un popolo, di una comunità ma senza finalità surrettizie".

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