Dal Friuli Venezia Giulia al Trentino Alto Adige, dall'Umbria al Molise, passando per il Lazio, la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, ma anche per la Campania e la Puglia: la quarta ondata del Covid-19 sta avanzando da Nord a Sud, con un aumento considerevole degli accessi nei pronto soccorso, ormai al collasso. L'allarme lo ha lanciato la Simeu, società di medicina di urgenza ed emergenza. “L’aspetto più drammatico – ha affermato Beniamino Susi, responsabile nazionale dei rapporti con le regioni di Simeu e direttore del reparto d'urgenza a Civitavecchia-Bracciano – è l'impossibilità di ricovero di tanti pazienti che non hanno il Coronavirus. Si stanno convertendo reparti normali in padiglioni Covid, a volte e per forza di cose anche per pochi pazienti, e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie”.
La situazione sta peggiorando anche in regioni che storicamente non vanno facilmente in emergenza, come il Piemonte e la Lombardia. “I medici, sempre meno numerosi – ha continuato Susi – sono stanchi, affaticati e vivono una quotidianità deprimente che giorno dopo giorno diventa sempre più insostenibile”. Per il responsabile di Simeu si sta nuovamente partendo per combattere l'ennesima battaglia senza un adeguato esercito e senza le giuste armi. L'insostenibilità di reggere da soli una situazione così difficile per chi lavora nei reparti d’emergenza, nonostante i ripetuti allarmi lanciati nel tempo, ha portato alle dimissioni, con decorrenza immediata dal 21 dicembre, di sette medici del pronto soccorso di Nuoro.
Problemi di organico, però, non ci sono solo in Sardegna ma in tutta Italia, tanto da spingere il primario di Angiologia dell’ospedale di Padova Giampiero Avruscio a lanciare una proposta che ha suscitato un vespaio di polemiche.“È da due anni – ha dichiarato il medico a la Repubblica – che siamo in guerra e in trincea abbiamo bisogno delle persone per combattere il Covid. Facciamo rientrare i colleghi No vax nei reparti, tamponiamoli come lo scorso anno quando non c'erano i vaccini”. Un’idea rispedita immediatamente al mittente da Davide Manfellotto, presidente di Fadoi, la Federazione degli internisti ospedalieri, ma anche da Marco Catarci, primario di Chirurgia all’ospedale Pertini di Roma.
Tranciante è stato anche Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, il quale ha spiegato, sempre a la Repubblica: “Io sono per estendere l'obbligo a molte altre categorie di lavoratori. Figuriamoci se posso pensare a sanitari non vaccinati. È impensabile, sarebbero una bomba nei reparti e dobbiamo proteggere i nostri ospedali”. A preoccupare il medico è la tipologia dei nuovi ricoverati: i non vaccinati e coloro che hanno fatto la seconda dose da più di quattro mesi. C’è una differenza fondamentale, in ogni caso, che riguarda la fascia d’età.
Tra i No vax finiscono in ospedale i 50enni senza patologie, mentre tra i vaccinati da lungo tempo ad aver bisogno delle cure ospedaliere sono gli over 70 che di solito presentano altre patologie. Questo a conferma che è indispensabile fare la terza dose a tappeto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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