Il ribaltamento degli equilibri

Il ribaltamento degli equilibri

Ha giocato un anno e passa in difesa, schiacciato dalle continue e ripetute accelerazioni di Matteo Salvini. Ora, finalmente, Giuseppe Conte sente di avere in mano l'asso che gli permette di uscire dall'angolo e dimostrare che non è quel premier evanescente che fino ad ora ha dato l'impressione d'essere.

Così, da quattro giorni l'autoproclamato «avvocato del popolo» mena fendenti contro il leader della Lega. Ha iniziato giovedì, quando ci ha tenuto a dire di avere «fiducia nel ministro Salvini», finito nel guado per i presunti finanziamenti milionari di Mosca alla Lega. In verità, una difesa di facciata. Perché con quella uscita, seppure con l'accortezza di chi sa misurare le parole, Conte ha voluto in qualche modo mettere nero su bianco il fatto che è lui in quanto premier a garantire per il titolare del Viminale.

Passati quattro giorni, i toni si sono fatti decisamente più bruschi. Al punto che ieri mattina Palazzo Chigi ha pensato fosse necessario «un doveroso chiarimento». E ha spiegato in una nota pubblica che Gianluca Savoini, presunta cinghia di trasmissione tra via Bellerio e la Russia, è stato invitato da Palazzo Chigi alla cena in onore di Vladimir Putin su richiesta esplicita di tal Claudio D'Amico. Che, precisa la presidenza del Consiglio, è «consigliere per le attività strategiche internazionali di Salvini». Di più. Lo stesso vicepremier «ha giustificato l'invito in virtù del ruolo» di Savoini, presidente dell'Associazione Lombardia-Russia.

Insomma, Conte ha deciso di tirare su Salvini una bordata di proporzioni bibliche. Perché ha esplicitamente smontato la versione del vicepremier che, a più riprese, ha detto di non avere rapporti con Savoini. «Lui può dire quello che vuole, ma certo non può passare l'idea che sia stato io a invitare questo tizio che neanche conosco alla cena ufficiale con Putin», è sbottato Conte con i suoi collaboratori. «Questa volta sono affari suoi, non saremo noi ad andare in suo soccorso come è successo con la Diciotti», avrebbe confidato il premier. Non è un caso che il leader della Lega non abbia affatto gradito quella che in privato ha definito «un'imboscata». Che, secondo Salvini e pure ad avviso di Giancarlo Giorgetti, è stata «concordata» con Luigi Di Maio.

L'impressione, infatti, è che sia il M5s che il premier vogliano approfittare quanto più possibile del momento di estrema debolezza di Salvini. I sondaggi ancora non risentono del Russiagate, ma in quest'ultimo anno non era mai accaduto che il ministro dell'Interno giocasse così in difesa come in questi giorni. In cui, nonostante provi a rilanciare sui temi più cari al suo elettorato come la sicurezza o la flat tax, si ritrova sempre costretto un po' dal Pd, ma soprattutto dal M5s e dal premier a rimbalzare colpi sullo scivoloso terreno dei presunti finanziamenti della Russia alla Lega.

D'altra parte, la finestra per poter votare tra settembre e ottobre è ormai praticamente chiusa e a Palazzo Chigi sono praticamente certi che Salvini ormai non è in condizione di aprire alcuna crisi. Perché non ci sono i tempi per tornare alle urne in autunno e dunque il rischio di un esecutivo-ponte che si faccia carico della legge di Bilancio è ora altissimo. E perché la macchina della comunicazione della Casaleggio Associati è già pronta a tarare un'eventuale campagna elettorale sullo scandalo del Russiagate. Non è un caso che proprio ieri Di Maio abbia voluto precisare su Facebook che «quando il Parlamento chiama, il politico risponde». Questo, aggiunge, «è l'Abc del fare politica per il Movimento». Parole evidentemente rivolte a Salvini, che le opposizioni vorrebbero in Parlamento a riferire sul caso Savoini. Anche perché, fanno notare a Palazzo Chigi e nell'entourage di Di Maio, «un giorno Salvini dice che non conosce Savoini e poi escono le foto di loro insieme, il giorno dopo giura che non l'ha invitato lui alla cena con Putin e poi si scopre che l'invito è partito proprio da uno dei suoi consiglieri più fidati». Insomma, il leader della Lega «è in evidente stato confusionale».

E in effetti il vicepremier pare aver accusato il colpo come mai prima. La difesa che ha tenuto è stata inefficace, anzi dannosa. Perché è vero che è stato smentito sia sul rapporto con Savoini sia sull'invito alla cena di Stato. E poi c'è l'agitazione interna alla Lega.

Perché sono mesi che i big del partito che rappresentano le istanze più tradizionali del Carroccio, quelle degli interessi del Nord, spingono su Salvini affinché stacchi la spina ad un esecutivo che viene definito con un certo distacco «il governo di Roma». Il ministro dell'Interno, però, ha tirato dritto. E adesso, è il timore di molti in Lega, rischia di rimanere non solo prigioniero di questo governo, ma anche sotto ricatto.

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