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Come ricominciare a sperare dopo un'altra Pasqua triste

"È possibile ricominciare sempre". Io non sono un fan di Papa Francesco, chi mi legge lo sa bene, ma quando nelle sue parole sento un'eco delle parole di Cristo

Come ricominciare  a sperare dopo un'altra Pasqua triste

«È possibile ricominciare sempre». Io non sono un fan di Papa Francesco, chi mi legge lo sa bene, ma quando nelle sue parole sento un'eco delle parole di Cristo non posso che rallegrarmene, non posso che soffermarmi e provare, nel frastuono generale, a fare attenzione. «È possibile ricominciare sempre» dice il Papa in occasione della Pasqua, frase che oggi ha un suono diverso da quello che avrebbe avuto nel 2019, ovvio, ma anche nel 2020, quando già subivamo la presente clausura ma non eravamo sfiniti (spesso anche impoveriti) come adesso. Ricordate? C'era gente che cantava sui balconi... Chi l'avrebbe detto che sarebbe durata più di un anno. Facile cadere preda della sfiducia e dello scoramento, in questo tunnel interminabile, e allora è proprio giusto ricordarlo: ricominciare è possibile sempre. La metafisica della Pasqua, la resurrezione dopo la morte, ci aiuta a immaginare la fisica del post pandemia: il dopoguerra dopo la guerra, la ricostruzione dopo la distruzione... Non precisamente un boom economico (stavolta mancano i fondamentali) ma certamente un prender fiato. Troppo poco, troppo terra terra? In effetti Dio, attraverso Ezechiele, promise qualcosa di più radicale: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo». Perché non di solo pane vive l'uomo, come spero sia più chiaro oggi di un tempo.

Non di soli ristori o sostegni o sussidi si può vivere degnamente: il lavoro non è soltanto remunerazione, le persone hanno bisogno di sentirsi utili e l'obolo di Stato (ammesso che arrivi) fa sentire obsoleti. «Egli ci precede sempre: nella croce della sofferenza, della desolazione e della morte, così come nella gloria della vita che risorge». Sono ancora le parole pasquali del Papa, e avrei voluto sentirle spesso in questi tredici mesi durante i quali di morte se n'è vista tanta ma di speranza nella vita eterna, a cominciare dalle chiese con l'amuchina al posto dell'acqua santa, pochissima. Non insisto sul tema appunto perché è Pasqua, non è il giorno giusto per polemizzare, purtroppo non mancheranno le occasioni... Oggi è l'occasione buona per dire che oltre al ricominciare c'è il continuare, anche in nome dei morti, per Covid o per le innumerevoli altre cause per le quali si continua a morire.

Ognuno ha i suoi, parenti oppure amici: a me l'altroieri è morto il pittore Domenico Ventura e non potrò più andarlo a trovare ad Altamura, e non potrò più tempestarlo di domande sui suoi quadri singolari. L'arte è una garanzia d'immortalità, scrisse forse con troppa fiducia il filosofo Andrea Emo. Io la ritengo un bellissimo tentativo di durata, così come ritengo un buonissimo tentativo di durata la tradizione gastronomica che a casa mia questa domenica di Pasqua prevede torta pasqualina, agnello al forno e bussilan (sorta di ciambella nordemiliana).

Consapevole che sarebbe tutto abbastanza vano, che sarebbero soltanto belle tele e buone torte se duemila anni fa tre donne non avessero visto una pietra rotolata e un sepolcro vuoto, e un uomo che era morto avvicinarsi e dire: «Salute a voi!».

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