di Luigi Cucchi
Nella lotta all'ictus, il fattore tempo è determinante. Utili gli appelli che esortano ai primi sintomi a rivolgersi subito a un pronto soccorso. In occasione della Giornata mondiale dedicata a questa patologia si sono moltiplicate, anche in Italia, le azioni di sensibilizzazione dell'Associazione per la lotta all'ictus cerebrale (Alice). Nell'ictus, a differenza dell'infarto, non c'è un dolore che mette in allarme, chi viene colpito tende a sottovalutare i segnali. L'ictus è un danno cerebrale causato da un disturbo circolatorio improvviso: si verifica quando il flusso sanguigno diretto a una zona del cervello si riduce o si interrompe del tutto. I sintomi dipendono dalla zona di cervello danneggiata. Di solito l'ictus colpisce un lato del cervello e provoca difficoltà nella parte opposta del corpo.
Ecco i campanelli d'allarme: paralisi o debolezza e formicolio al viso, a un braccio o a una gamba; visione annebbiata o diminuita; difficoltà a pronunciare o comprendere semplici frasi; mal di testa violento e improvviso; perdita di equilibrio, vertigini o mancanza di coordinazione inspiegabili.
In presenza di uno o più di questi sintomi bisogna chiamare subito il 118 oppure recarsi direttamente in un Pronto soccorso. Aspettare l'arrivo del medico significa perdere tempo prezioso per le cure.
L'ictus può essere di due tipi: ischemico o emorragico. Quello ischemico, o infarto cerebrale, è il più frequente, circa l'80-85% di tutti gli ictus, è causato da un ostacolo al flusso sanguigno diretto al cervello per un restringimento progressivo o la chiusura improvvisa di un'arteria. L'ictus emorragico, il 15-20% di tutti gli ictus, è causato invece dalla rottura di un'arteria cerebrale per aumento della pressione arteriosa o la presenza di una malformazione congenita dell'arteria. Nel 10-15% dei casi l'ictus ischemico è preceduto da un attacco ischemico transitorio o Tia, un ictus di breve durata, da 30 minuti a 24 ore. Nella maggior parte dei casi la terapia medica o chirurgica in caso di placca carotidea possono impedire l'insorgenza di un ictus definitivo.
Dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, l'ictus cerebrale in Italia e la prima causa assoluta di disabilità: ogni anno colpisce oltre 185mila italiani, la metà sopravvivono con gravi disabilità e dipendono totalmente da un aiuto esterno. Chi soffre di fibrillazione striale ha un rischio di stroke 7 volte maggiore, con esiti gravi: nel 20% dei pazienti è fatale. Può colpire a tutte le età, è più frequente dopo i 55 anni e negli uomini. Le condizioni che spesso favoriscono l'insorgenza di un ictus sono: l'ipertensione arteriosa non controllata; la fibrillazione atriale non trattata con farmaci antitrombotici; l'aterosclerosi delle arterie cervicali; l'ipercolesterolemia; il fumo; la vita sedentaria e il soprappeso. La fase acuta, durante la degenza ospedaliera viene gestita in una apposita unità di terapia semintensiva denominata «Stroke Unit» strutturata in maniera tale da assistere il paziente in tutti i suoi aspetti (terapia, prevenzione delle complicazioni, fisioterapia). Alla dimissione il paziente viene avviato a domicilio o in altra struttura con la collaborazione dei medici di base. La fase cronica necessita di controlli medici periodici e di interventi che rispettino la necessità ed i bisogni del singolo paziente. La Società italiana di neurologia ha lanciato un appello per ottimizzare la rete delle unità di emergenza per la cura e la gestione dell'ictus su tutto il territorio nazionale, purtroppo ancora disomogenea, il Sud è soccombente rispetto alle reali esigenze.
La prevenzione anche in questa malattia è fondamentale,
l'80% delle morti potrebbero essere evitate se si prestasse più attenzione ai fattori di rischio che ben conosciamo, come la fibrillazione atriale, l'ipertensione arteriosa, il diabete mellito e gli stili di vita scorretti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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