Non era mai successo, dal 1635 anno della sua fondazione. Giovedì, però, un italiano è stato cooptato tra i membri dell'Académie française, l'istituzione culturale più importante d'Oltralpe.
Si tratta di Maurizio Serra, storico e diplomatico di lungo corso che è stato chiamato ad occupare il seggio numero (...)
(...) tredici nella ristrettissima cerchia dei membri (quaranta in tutto) dell'Académie française. Occuperà il posto della compianta Simone Veil, grande politica e custode della memoria degli ebrei francesi scomparsa nel giugno 2017.
Serra è stato eletto al primo turno delle votazioni, con 17 voti a favore contro un voto ottenuto da Eduardo Pisani. Due le schede bianche mentre altre quattro erano segnate con una croce.
Poche istituzioni sono simboliche in Francia quanto l'Académie. Fondata dal cardinale Richelieu è un presidio culturale permanente a garanzia della correttezza della lingua francese, di cui sorveglia l'evoluzione. La nazionalità non è un requisito dirimente ma sono pochissimi i non francesi che sono stati ammessi. E spesso gli «immortali» (così vengono chiamati gli accademici) sono stati naturalizzati prima dell'elezione, come Joseph Kessel o Eugene Ionesco, e molti appartengono a Paesi francofoni, come Dany Laferrière, haitiano-canadese.
A giustificare la scelta di Serra è stato lo spessore del suo curriculum. Nato a Londra, classe 1955, Serra ha rappresentato l'Italia a Berlino e a Mosca ai tempi dell'Unione sovietica, poi è stato ambasciatore all'Onu a Ginevra e all'Unesco a Parigi. Ha diretto l'Istituto diplomatico del ministero degli Affari esteri e insegnato Storia delle relazioni internazionali alla Luiss di Roma. Ma ad essere di grande valore scientifico è soprattutto la sua produzione di saggi, a volte redatti prima in francese che in italiano. Tra i suoi libri, giusto per fare qualche esempio il fondamentale Fratelli separati. Drieu-Aragon-Malraux (Settecolori, 2006) o Malaparte, vies et légendes del 2011, poi uscito in versione italiana per Marsilio nel 2012 e vincitore del premio Goncourt. Oppure il recente: L'Imaginifico. Vita di Gabriele D'Annunzio (Neri Pozza, 2019).
Siamo riusciti a raggiungere al telefono il professor Serra nonostante la giornata comprensibilmente convulsa - «Un attimo per il Giornale lo trovo di sicuro, sono stato vostro collaboratore...» - e come ovvio gli abbiamo chiesto se la scelta lo ha stupito. «Stupito no... la cosa era nell'aria. Onorato ovviamente sì, il seggio numero 13 originariamente è stato di un gigante della letteratura e del teatro come Jeane Racine. E poi ovviamente anche essere il primo italiano dal 1635... Non so come dire». E qui l'intervistante improvvidamente interrompe il neo accademico: «Un italiano all'Académie: tanta roba!». «Ecco sì se vuol dirlo così, rende l'idea: tanta roba!».
Quanto alla sua italianità: «Io sono e resto italiano, la mia unica cittadinanza è quella e questo è chiaro a tutti, compreso chi mi ha votato. Anche se spesso scrivo la prima versione di un saggio in francese la mia intenzione è comunque di continuare a produrre e a tradurre le cose anche in italiano».
E per fortuna, visto che è un intellettuale di prima grandezza. Ora gli accademici dovranno scegliere altri quattro membri. Sono ancora vacanti quattro seggi, quelli che furono di Jean d'Ormesson, Michel Serres, Max Gallo e François Weyergans.
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