È iniziato tutto dieci giorni fa, quando il sito americano BuzzFeed ha pubblicato una traccia audio in cui si sentono sei persone parlare di soldi e politica all'hotel Metropol di Mosca. Da allora il Russiagate rimbalza quotidianamente sulle prime pagine dei giornali e nei titoli dei tg, anche grazie al «carburante» mediatico fornito ogni giorno da Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Premier e vicepremier, infatti, sono stati ben felici di schiacciare finalmente nell'angolo Matteo Salvini, alleato troppo ingombrante e che in quest'anno di governo ha avuto una leadership incontrastata nella maggioranza. Dieci giorni dopo, le prime rilevazioni dicono che il consenso della Lega resta sostanzialmente invariato. Tecné ha rilevato un calo dello 0,7%, Euromedia dello 0,5%, mentre Swg registra addirittura un aumento dello 0,2%. Leggerissimi movimenti di pochi decimali. Nella sostanza, nulla. Lo zero assoluto. Nonostante Salvini sia al centro della polemica sui presunti finanziamenti russi al Carroccio, al momento il consenso del ministro dell'Interno non pare averne in alcun modo risentito. E questo nonostante la strategia mediatica del leader della Lega sia stata piuttosto approssimativa, visto che in ben due circostanze si è fatto cogliere in fallo. Quando nelle prime ore dopo l'uscita dell'audio disse di conoscere a malapena Gianluca Savoini (circostanza poi smentita) e quando spiegò che era stato Palazzo Chigi ad invitare lo stesso Savoini alla cena in onore di Vladimir Putin a Villa Madama (ricostruzione sconfessata da Conte secondo il quale fu proprio l'entourage del vicepremier a volerlo tra gli ospiti). Al momento, dunque, la vicenda non buca. Anche perché il coinvolgimento di Salvini resta indiretto e non c'è la prova di alcun passaggio di denaro. Certo, il rischio è che - andando avanti nel tempo - la goccia d'acqua finisca per scavare la roccia. Dal fronte giudiziario, infatti, non c'è giorno che non emerga una qualche novità, tra nuovi indagati, perquisizioni e qualche documento inedito dato in pasto ai media. E ora anche l'Europa ha deciso di spingere il pedale dell'acceleratore. Che Salvini non avesse un rapporto idilliaco con Bruxelles non è un mistero, ma la sensazione è che la scelta di votare contro la neopresidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen non abbia fatto che acuire le distanze. Così ieri è arrivato l'affondo di Angela Merkel, pronta a dire che «l'Italia deve chiarire la sua situazione» perché «i contatti tra la Russia e i partiti populisti destano preoccupazione». Ora, è certamente vero che la Cancelliera tedesca non suscita simpatie in Italia e, dunque, certamente la sua uscita non inciderà sul consenso di Salvini. Però, potrebbe avere conseguenze l'intenzione del Parlamento Ue di istituire una commissione d'inchiesta sui presunti finanziamenti di Mosca alle forze politiche europee: c'è la Lega, ma anche il Rassemblement national di Marine Le Pen e l'Fpo austriaca. L'appuntamento è per settembre a Strasburgo, a conferma del fatto che il rischio che lo stillicidio non si fermi è concreto.
Sono casi diversi e difficilmente sovrapponibili - perché fino ad ora non c'è prova alcuna che nel Russiagate vi sia stato il passaggio di un solo rublo - ma anche l'affaire Banca Etruria - dove invece il denaro è quello dei correntisti danneggiati - iniziò in sordina nel febbraio 2015 per poi esplodere solo a novembre, quando Maria Elena Boschi fu costretta a difendersi in aula da una mozione
di sfiducia del M5s. Quanto quella vicenda - poi tornata al centro delle cronache nel 2017 con la Commissione bicamerale sulle banche - pesò sul consenso di Matteo Renzi e sul suo crollo fragoroso non è un mistero per nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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