Risparmio degli italiani, il disco rotto di Bruxelles

Di nuovo nel mirino della Commissione è finito il decreto Golden Power applicato all'Ops Unicredit-Bpm

Risparmio degli italiani, il disco rotto di Bruxelles
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Che a Bruxelles si continui a mettere in discussione la sovranità nazionale in tema di sicurezza economica è ormai diventata una pericolosa abitudine. Di nuovo nel mirino della Commissione è finito il decreto Golden Power applicato all'Ops Unicredit-Bpm. Un caso che, lo ricordiamo, non esiste più: la stessa Unicredit ha scelto mesi fa, dopo le limitazioni imposte dal governo, di non procedere oltre. Dunque, nessuna violazione del Mercato Unico. Solo un atto di legittima tutela dell'interesse nazionale da parte del governo italiano. Che Unicredit ha rispettato. Eppure, la commissaria Maria Albuquerque, con una prosopopea degna di miglior causa, ieri ha minacciato azioni contro chi ostacola "lo sviluppo del mercato unico dei servizi finanziari". E ha dichiarato, senza nemmeno nominare l'Italia (ma è fin troppo chiaro a chi si riferisse), che l'Europa "è pronta ad agire". Ma agire contro cosa, esattamente? Contro uno Stato che applica una legge approvata dal proprio Parlamento? Contro un governo che, di fronte a operazioni potenzialmente destabilizzanti, utilizza gli strumenti di protezione previsti dall'ordinamento nazionale? Se questa è la nuova linea della Commissione, ci troviamo davanti a una vera e propria aggressione politica e istituzionale, mascherata da "integrazione finanziaria".

Di nuovo il ministro Giancarlo Giorgetti è stato molto chiaro: la sicurezza, anche economica e finanziaria, non è materia comunitaria, ma competenza esclusiva dello Stato nazionale. E l'Italia la difenderà "a ogni costo". Chi finge di non capirlo, o pensa che il Golden Power sia un'anomalia italiana, mente sapendo di mentire. L'ipocrisia è evidente: quando Berlino ha blindato Commerzbank o Parigi ha sbarrato il passo a mani straniere sulle proprie aziende strategiche, nessuno a Bruxelles ha fiatato. Ma se l'Italia si permette di difendere un asset cruciale come il risparmio dei suoi cittadini, ecco partire la requisitoria moralista della Commissione. Peccato che di Mercato Unico si parli solo quando fa comodo ai grandi Paesi; quando a chiedere reciprocità è Roma, cala il silenzio o parte l'accusa.

Il caso Unicredit-Bpm, inoltre, si è chiuso senza contenziosi, visto che Unicredit non ha presentato alcun ricorso a Bruxelles. Anzi, la banca ha dimostrato un atteggiamento di piena collaborazione con l'esecutivo, intervenendo nel salvataggio di Banca Progetto. Altro che ostacolo all'integrazione: siamo davanti a una normale dialettica tra Stato e sistema bancario, all'interno di un quadro legittimo e consolidato.

E allora il punto è un altro: Bruxelles sta cercando un caso esemplare da colpire per imporre un modello centralista e tecnocratico, nel quale gli Stati devono soltanto eseguire, non decidere. Il vero obiettivo non è perciò il Golden Power in sè, è l'autonomia degli Stati membri nel gestire la propria sicurezza economica. E questo è inaccettabile. L'Unione Bancaria è ferma da anni per le resistenze tedesche e francesi, non certo per colpa dell'Italia. I dossier sull'assicurazione dei depositi giacciono nei cassetti. I tentativi di armonizzazione sono stati bloccati da chi oggi ci accusa di "ostacolare il mercato unico". Siamo al paradosso.

E sia chiaro: il risparmio degli italiani non è un bene neutro, né un oggetto di scambio in nome di una competitività tutta ideologica. È un patrimonio nazionale, un pilastro di stabilità sociale, e come tale va difeso con ogni mezzo previsto dalla legge. Chi cerca oggi di smontare il Golden Power, cerca in realtà di smontare l'ultimo argine alla cessione definitiva di sovranità in materia economica.

Ma a quanto è dato capire, questa volta l'Italia non arretrerà di un millimetro. Perché lo Stato ha non solo il diritto, ma il dovere di proteggere ciò che è strategico. E se a Bruxelles questo non piace, se ne facciano una ragione.

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