Roma, 27 milioni buttati per la scolarizzazione dei rom

Lo rivela uno studio dell'Associazione 21 luglio

Roma, 27 milioni buttati per la scolarizzazione dei rom

Spreco Capitale. Romatoday lo definisce così il Progetto Scolarizzazione Rom, avviato a Roma dal 2002 e conclusosi nel 2015, costato alle casse del Comune 27 milioni di euro. Il progetto ha coinvolto tra i 500 e i 2000 minori rom residenti nei campi autorizzati della Capitale. Il tutto con scarsissimi risultati, come ha potuto evidenziare l’associazione 21 luglio (che si occupa dei diritti dei rom) col suo report "Ultimo Banco. Analisi dei progetti di scolarizzazione rivolti ai minori rom a Roma" presentato oggi presso la Sala Parlamentino della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sede dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

Dal rapporto, che considera gli anni dal 2009 al 2015, emerge un quadro allarmante. A Roma 9 minori rom su 10 non hanno frequentato la scuola con regolarità e un minore rom su 2 frequenta una classe non conforme alla sua età. Sulla media dei 1.800 bambini rom iscritti a scuola solo 198 hanno frequentato almeno i tre quarti dell’orario scolastico. Nell’anno 2014-2015, nel campo rom di Castel Romano, la frequenza regolare ha raggiunto i 3,1%, record storico più basso. "Da questi elementi emerge come le politiche di scolarizzazione rivolte ai minori rom residenti nella Capitale siano state negli anni del tutto insufficienti" commentano dalla 21 Luglio. "Le responsabilità di tale insuccesso sono imputabili a diversi soggetti e fattori: all’impianto politico e istituzionale, alle competenze e risorse di cui hanno potuto disporre gli enti affidatari del Progetto, alla risposta dei minori rom e al loro contesto socio-economico, alle politiche abitative e di sgombero". Gli insegnanti, poi, adotterebbero un programma più agevole rispetto ai bambini italiani, aumentando così il ritardo scolastico dei rom. Si farebbe anche uso improprio del sostegno scolastico, assegnato in modo indiscriminato per fronteggiare i ritardi scolastici che vengono considerati ritardi cognitivi.

"Un bambino nato e cresciuto in un contesto di emergenza abitativa inizia il proprio percorso scolastico in una condizione di oggettiva penalizzazione" spiegano ancora gli attivisti. "Non dispone di servizi igienici adeguati e di spazi di studio per i compiti; quasi sempre i suoi genitori sono privi di strumenti e capacità per sostenerlo nello svolgimento dello studio; il trasporto scolastico – effettuato con mezzi riservati esclusivamente a minori rom – è riconosciuto istituzionalmente insufficiente tanto che l’alunno della baraccopoli è giustificato ad entrare anche un’ora dopo dall’inizio delle lezioni e ad uscire anticipatamente rispetto al normale orario scolastico".

Numeri impietosi dunque, che, secondo l’Associazione 21 luglio, "rivelano ancora una volta il fallimento di una politica abitativa segregazionista, condotta su base etnica, dispendiosa e lesiva dei diritti fondamentali, quale quella adottata dalle diverse amministrazioni che si sono succedute nella Capitale".

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