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Sala e la Milano del giorno dopo

Che poi si sapeva, e il problema forse non sono neanche quei ragazzi che due sere fa hanno ballato, bevuto e poi, ubriachi, se le sono date di santa ragione alla Darsena

Sala e la Milano del giorno dopo

Che poi si sapeva, e il problema forse non sono neanche quei ragazzi che due sere fa hanno ballato, bevuto e poi, ubriachi, se le sono date di santa ragione alla Darsena, uno dei luoghi più famosi della movida milanese. Il problema è che Milano, da un po' di tempo, sulle cose arriva sempre dopo, più in ritardo che in anticipo, che non è proprio un'abitudine «meneghina», di una città europea, alla moda, efficiente e sempre un passo avanti. Una volta era così, ma poi è arrivato il virus e pare abbia un po' annebbiato i riflessi a chi sta nei posti di comando. Non solo al sindaco Beppe Sala, che ora fa fuoco e fiamme, ma anche a chi dispone e risponde dell'ordine pubblico. Così ci si accorge troppo tardi che migliaia di tifosi, una settimana fa, si danno appuntamento davanti al Meazza per azzuffarsi e salutare Milan e Inter che si giocano il derby, ci si accorge dopo che ogni sera alle Colonne di San Lorenzo (altra zona nota della movida) il rito dell'aperitivo è solo anticipato di un paio d'ore ma continua con tanto di assembramenti come se nulla fosse, ci si accorge in ritardo che siamo in pandemia ed è tempo di proteggersi con le mascherine più che promuovere «hashtag» su frettolose ripartenze o darsi appuntamento per una birra insieme. È da quando è cominciata questa emergenza che Milano arranca, insegue sempre un po' fuori tempo. Più che una città che guarda al futuro pare la città del giorno dopo. E non solo perché la gazzarra della Darsena si poteva evitare magari chiudendola, magari rafforzando i controlli, magari allontanando i venditori abusivi di birre e alcolici che continuano la loro vita di sempre, indisturbati alla faccia di tutti quei ristoratori costretti a ripensare i loro locali con plexiglas, distanze e dispenser di disinfettanti. Certo, non è semplice. Non si può controllare una massa di giovani che ormai da un anno è alle «consegne» e che ha voglia di divertirsi, perché a vent'anni la voglia è quella lì... Però qualcosa in più si poteva (e si doveva) fare e soprattutto non serve infuriarsi ora, cioè dopo.

«Ci lamentavamo quando il governo precedente decideva dalla sera alla mattina il cambio di colore - ha spiegato Sala sul suo profilo Facebook - e ora che la decisione ci viene comunicata tre giorni prima vedete tutti cosa è successo...». Che vale solo come alibi. Che vale un po' come quando piove e non si sa a chi dar la colpa e si fa presto a dire «governo ladro...».

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