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Salvini tira la corda per far saltare il banco

Giorgetti: "Matteo non farà mai il premier sostenuto dai responsabili". Con i Cinque stelle è alta tensione

Salvini tira la corda per far saltare il banco

A Palazzo Chigi c'è chi sostiene che i rapporti tra Giancarlo Giorgetti e Luigi Di Maio siano compromessi al punto che i due si parlano a fatica. Di certo, c'è che il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio non fa ormai più mistero della sua insofferenza verso il M5s e il suo leader. Tanto che mercoledì pomeriggio, in occasione dello scambio di auguri al Quirinale tra le alte cariche dello Stato, non ha esitato a darne conto ai suoi interlocutori senza troppi giri di parole. «Questi pazzi non li sopporto più. Ho sempre più spesso la tentazione di mollare tutto e andarmene nel privato, dove mi basta qualche consulenza per guadagnare sei volte più di ora», la butta lì Giorgetti con un sorriso. Una battuta, certo. Ma che dà la misura di quanto alta sia la tensione nel governo. Altrimenti, con Sergio Mattarella a pochi passi e circondato da tutti i grand commis dello Stato, il sottosegretario alla presidenza non si spingerebbe tanto in là neanche per scherzo.

L'umore nero di Giorgetti, d'altra parte, è il termometro di un'insofferenza che nella Lega si respira ormai da settimane. E che appartiene anche a Matteo Salvini. Il vicepremier, infatti, è consapevole di quanto delicato sia l'equilibrio con i Cinque stelle e di quanto sarà difficile tenere insieme esigenze così diverse quando la legge di Bilancio sarà archiviata. I sondaggi, peraltro, continuano a confermare il trend positivo della Lega, sempre saldamente sopra il 30% (che è quasi il doppio del 17,4 incassato alle politiche). Ed è ovvio che il ragionamento che si fa a casa Salvini è che i margini di miglioramento sono ormai risicatissimi. Insomma, o si capitalizza a breve oppure si rischia di non sfruttare questo grande consenso che di qui ai prossimi mesi potrebbe comprimersi. Il nodo, dunque, resta quello delle ultime settimane: sperare che salti il banco del governo così da sganciare la Lega dall'alleanza con i Cinque stelle. E, magari, tornare alle urne. Perché, confidava qualche giorno fa Giorgetti ad un importante esponente del Carroccio, «Matteo a fare il premier di un governo sostenuto dai cosiddetti responsabili non ci pensa proprio». Salvini, insomma, non sarebbe disponibile ad arrivare a Palazzo Chigi grazie a manovre di Palazzo. «Perché - è il ragionamento di Giorgetti - sa bene che il vento cambia velocemente e il rischio di venire additato come il Renzi di turno è troppo alto». Se davvero si arrivasse ad una crisi di governo, insomma, il leader della Lega farebbe quanto in suo potere per tornare al voto, così da capitalizzare quel 30 e passa che ad oggi è solo nei sondaggi e realizzare finalmente nelle urne l'opa sul centrodestra (e su Forza Italia). Non a caso nelle ultime ore Salvini ha fatto trapelare un certo fastidio per la cosiddetta «operazione scoiattolo» evocata da Silvio Berlusconi. L'ex premier sarebbe infatti convinto che una folta pattuglia di parlamentari grillini (soprattutto quelli alla seconda legislatura, dunque non ricandidabili) sarebbe pronta a sostenere «in maniera responsabile» un eventuale governo di centrodestra a guida Salvini. Il quale rimanda al mittente lo scenario in questione. «Se salta il banco - è il ragionamento del ministro dell'Interno - l'ultima cosa che faccio è un governo con Berlusconi».

Detto questo, la tentazione di rompere con i Cinque stelle è sempre più forte. Il mondo produttivo del Nord, pancia e cuore dell'elettorato leghista, è infatti in fibrillazione e non ha digerito una manovra di spesa e senza investimenti. Tanto che non è escluso che gli imprenditori possano tornare in piazza già a gennaio. E poi Salvini non ha mandato giù la trattativa con Bruxelles e l'immagine di «resa» alle ragioni dell'Ue data dal premier Giuseppe Conte. Il ministro dell'Interno, però, non vuole restare con il cerino in mano nel caso si arrivi ad una crisi. Insomma, deve essere il M5s a far saltare il banco. Di qui, l'ordine di scuderia di «tirare la corda il più possibile». Così, se Salvini garantisce che con Di Maio fila tutto che è una meraviglia, i suoi sono lì da giorni a cannoneggiare. Giorgetti su tutti, ultimamente molto loquace. Per non parlare dei governatori di Lombardia e Veneto che, con sincronia non casuale, hanno rilanciato l'autonomia delle regioni del Nord. Lo hanno fatto prima Attilio Fontana e Luca Zaia, ieri lo ha ribadito lo stesso Salvini. «Il percorso dell'autonomia arriva in Consiglio dei ministri ad ore», spiega il vicepremier. E infatti la titolare degli Affari regionali Erika Stefani porterà la bozza d'intesa già nella riunione di questo pomeriggio. Un tema, quello dell'autonomia, su cui il M5s è piuttosto freddino e che fa fatica a digerire. Ecco perché Giorgetti ci tiene a precisare che la questione è centrale per «l'esistenza del governo stesso».

La Lega, insomma, è pronta a forzare la mano su tutte le questioni che ha più a cuore. Toccherà al M5s decidere fino a che punto «piegarsi» a Salvini.

E secondo alcuni Di Maio sarebbe pronto a cedere su tutto o quasi, consapevole che se il governo dovesse cadere la sua carriera politica sarebbe destinata a chiudersi molto velocemente.

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