L'ultima volta che l'ho sentito al telefono, sabato scorso, vigilia di elezioni, mi aveva confessato di essere stanco, molto stanco. Disse che forse aveva esagerato nello spendersi così in campagna elettorale. Parole che mi avevano colpito perché inusuali nel suo vocabolario di infaticabile ottimista. Quando ho poi saputo, poche ore dopo, del suo ricovero, ne ho capito il senso, ma non pensavo si trattasse di cosa grave. Un altro indizio però l'avevo colto nel tono di voce con cui il fratello Paolo liquidò stranamente in modo frettoloso, e senza fornire alcun particolare, la mia domanda per saperne qualche cosa di più. Ora sappiamo che in quelle ore Silvio Berlusconi stava rischiando grosso, addirittura «di morire», come ha spiegato ieri freddamente davanti alle telecamere Alberto Zangrillo, il suo medico curante di sempre.
Il cuore di Berlusconi è arrivato al limite per via di una valvola inceppata dalla tensione accumulata in questi anni vissuti nel logorio di una trincea giudiziaria e politica che mal si addice a un assaltatore nato. Ha sofferto l'ingiustizia, l'irriconoscenza e i tradimenti senza indietreggiare di un millimetro. Serve un tagliando urgente, di quelli pesanti, soprattutto alla sua età (a settembre saranno ottanta), ma non c'è motivo di temere scenari peggiori. Tra poche settimane tornerà in pista quasi nuovo. La sua famiglia e i suoi vecchi amici di sempre giurano che sarà una pista diversa da quella percorsa fino ad oggi. I tantissimi che come noi gli vogliono bene si augurano altrettanto. Ma non ci scommetterei. Non è certo tempo di bilanci, ma neppure di previsioni.
Silvio Berlusconi non si può prevedere ma solo accettare, perché alla fine ha sempre fatto solo di testa sua. E lo farà anche questa volta. Per cui auguri Presidente, anche a nome di tutti i lettori. Siamo curiosi di vedere cosa si inventerà in questa bellissima terza vita che la attende.
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