Coronavirus

"Sarà un'altra Spagnola"

"Sarà un'altra Spagnola"

Il professor Andrea Crisanti è furioso. È appena arrivato a Melbourne in Australia per seguire un congresso dopo ore e ore di volo che si sta preparando ad affrontare di nuovo per essere in Italia domani mattina in laboratorio. Crisanti è professore ordinario di Microbiologia e virologia all'Università di Padova ma soprattutto è responsabile del laboratorio dell'Ospedale di Padova, centro di riferimento regionale per i test di individuazione del coronavirus. È proprio nel suo laboratorio che è stato messo a punto all'inizio di febbraio il test europeo per la diagnosi del 2019-nCoV. Un test che permette di individuare il coronavirus in meno di tre ore. Il professor Crisanti è furioso perché quello che sta accadendo si poteva evitare se, come da lui richiesto, si fosse partiti subito con i test per tutte le persone in arrivo dalla Cina. «La politica ha preso decisioni sbagliate legate a motivazioni che non hanno nulla a che fare con la scienza».

Quali decisioni?

«Ritenevo necessario eseguire da subito i test per chi arrivava dalle zone a rischio, cinesi e no. Ma il direttore generale della sanità del Veneto, Domenico Mantoan, mi ha bloccato. Mi ha intimato in una lettera di spiegare sulla base di quali indicazioni ministeriali, o internazionali, si sia ipotizzata tale scelta di sanità pubblica minacciando di denunciarmi per danno erariale».

In Veneto è caccia al paziente che per primo ha portato il virus in quell'area.

«Inutile. Oramai l'opportunità di fermare l'ingresso del coronavirus in Italia è stata persa e a questo punto non ha senso cercare il paziente zero: sono troppi i contagiati. Ora si deve contenere la propagazione con misure draconiane».

Ma perché tanta preoccupazione rispetto al Covid-19? Alcuni medici parlano di allarme esagerato. Il coronavirus in questione ha una bassa letalità simile all'influenza stagionale.

«Questo coronavirus è altamente infettivo. Una sola persona ne contagia almeno altre 4, forse pure 5. Per altri virus è inferiore: uno al massimo due. La rassicurazione rispetto alla mortalità bassa è un'altra di quelle osservazioni che mi fanno infuriare. La mortalità è la stessa dell'influenza spagnola del 1918 che ha fatto milioni di vittime. Se si ammalano tante persone quel 2,5 per cento corrisponderà a un numero altissimo di morti».

Quali misure prenderebbe immediatamente?

«La politica deve tacere ed ascoltare quello che dicono gli scienziati. Prima di tutto occorre tutelare i medici che sono in prima linea per combattere il virus. Non dobbiamo permettere che accada qui quello che è successo in Cina. Se cade la prima linea poi chi interviene? Per tutelare i medici occorre fornire loro tutti i presidi necessari all'isolamento in modo che non si contagino. Tutti i sanitari impegnati nel contrastare il coronavirus, medici e infermieri, devono essere sottoposti a test ogni 2 al massimo 3 giorni per verificare che non siano stati contagiati. Dobbiamo impedire che si ammalino. Se cade la prima linea sanitaria siamo nei guai».

Sono sufficienti le misure di contenimento prese dalle regioni?

«Per contenere certo chiudere, isolare, va bene. Ma occorre pure tutelare chi è dentro la quarantena. Altrimenti si creano soltanto incubatori di coronavirus come ha dimostrato il caso della Diamond Princess. Non possiamo isolare le persone e lasciarle lì, come hanno fatto in Cina. Che facciamo, i lazzaretti come nel '300? Una volta circoscritta l'area a rischio si devono eseguire visite periodiche da parte di medici attrezzati che casa per casa devono verificare lo stato di salute delle persone. Mi chiedo però se abbiamo risorse per farlo. Il sistema di emergenza si satura rapidamente. Un conto è curare due persone in terapia intensiva come hanno fatto allo Spallanzani. Se il numero sale il sistema rischia il collasso.

In rianimazione i posti letto non sono infiniti».

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