La Schlein a Budapest s'inventa l'Italia omofoba

La segretaria del Pd al gay pride in Ungheria racconta un Paese inesistente

La Schlein a Budapest s'inventa l'Italia omofoba
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A Budapest il "pride" è praticamente fuorilegge. Chi sfila per ora non va in carcere ma rischia una sanzione economica. Non la pagheranno e fanno bene. La riforma costituzionale di Orbán è, secondo me, ai confini dei valori occidentali. C'è una frase in particolare che trovo inquietante. È questa: "La definizione di genere umano si basa sulla realtà biologica: i cromosomi sessuali determinati alla nascita (XX o XY) e le caratteristiche anatomiche correlate". Non è una questione di genere. È che l'umanità proprio non dipende dal sesso. Non sei umano "solo" se sei maschio o femmina. Questa è l'Ungheria. Poi c'è Elly Schlein che come cittadina europea e forse anche come leader del Pd va a Budapest a sfilare con altre due o trecentomila persone. Ci mette il corpo, la faccia, canta Bella Ciao e chiude il suo discorso improvvisato con il "No pasaran", lo slogan lanciato da Dolores Ibárruri, la Pasionaria, contro le truppe franchiste. Ma con chi ce l'ha Elly Schlein? Non è difficile capirlo, perché si sente sempre un po' nel bel mezzo della resistenza e quindi è andata a Budapest per denunciare quello che accade in Italia. "Nel mio Paese si stanno bloccando leggi contro l'omofobia: dobbiamo lottare insieme. La vergogna sono gli omofobi".

Certo, ci saranno omofobi anche in Italia. Ci sono ovunque, in ogni angolo di questo derelitto pianeta. Ci sono omofobi, razzisti, padroni, gente violenta e malandrina, uomini di merda che picchiano e ammazzano le donne e tutti i colori dell'umanità moralmente indegna. Ci possiamo mettere dentro tutto ciò che ci indigna e ci fa rabbrividire.

Elly Schlein sta però indicando il suo Paese come esempio di omofobia. È davvero così? È questa l'Italia? Chi lo pensa tira in ballo la leggendaria legge Zan. È una norma che diversi parlamenti non hanno approvato o fatto in tempo ad approvare. Elly Schlein non si è mai interrogata però più di tanto su quella legge. Lo si capisce quando declama "l'amore non si vieta per legge". È una frase bella, certo. È che in un mondo davvero libero lo Stato sarebbe meglio che si occupasse il meno possibile di un sentimento, meraviglioso e privato, come l'amore. Perché quando uno Stato si mette a legiferare sull'amore apre porte che dovrebbero restare chiuse: entra nella tua vita intima, nelle tue emozioni, nei tuoi pensieri. Adesso lo Stato ti dice che lo sta facendo per il tuo bene, ma domani chissà, ma domani potrebbe dirti che la salute non è solo un diritto ma soprattutto un dovere. Tu, cittadino, devi vivere bene, senza ammalarti. Il passo successivo è tu devi pensare bene. Ecco, proprio quello era il maledetto virus nascosto nella legge Zan.

Ora sicuramente Elly Schlein non lo vede, non lo riconosce. È il vizio, che esiste anche a destra, per esempio sulla sicurezza, di vedere la realtà con le lenti della paura. L'orizzonte è così drammatico, esagerato, che si è disposti a sacrificare un'altra libbra di libertà per debellare l'inferno che ti circonda. Omofobi ovunque, omofobi senza redenzione.

C'è stata, certo, un'Italia e un mondo di normale e violenta omofobia. Secoli e secoli. Non serve neppure vedere Una giornata particolare di Scola, con Mastroianni e Loren strepitosi, per ricordare il clima che si respirava nel fascismo. Solo che le stesse cose c'erano prima e ci saranno dopo. Bastano adesso due nomi che sono nel confessionale della sinistra: Umberto Bindi e Pier Paolo Pasolini. Si può tranquillamente dire che le battaglie contro la discriminazione sessuale e di genere sono state utili a cambiare la cultura e la politica in Italia. Non è neppure il caso di fermarsi qui, ma non riconoscere che tanto è cambiato è comunque una forma di cecità. È la stessa, in segno diverso, di chi non voleva e non vuole vedere.

È il 1978 quando nelle sale italiane arriva un film italo-francese che già nel titolo è per molti spiazzante: Il vizietto. È con Michel Serrault e Ugo Tognazzi.

Renato e Albin sono una coppia omosessuale di mezz'età che da vent'anni gestisce un locale a Saint-Tropez, La Cage aux Folles dove si esibiscono drag queen, del quale Albin, con il nome d'arte "Zazà Napoli", è la stella di punta. Tognazzi in quegli anni, senza pride, ebbe coraggio a travestirsi. Adesso sarebbe scontato. E, tanto per dire, nel 1978 sarebbe stato impossibile immaginare una lesbica alla guida di un puritano Pci.

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