Qualche anno fa si parlava di religione fai-da-te, ultimamente meno perché la religione fai-da-te ha preso il sopravvento e non c'è più bisogno di discuterne se perfino il Papa, con l'esortazione apostolica Amoris laetitia e innumerevoli altri interventi, sembra avere approvato il diffusissimo metodo di prendere dal Vangelo quello che fa più comodo, tralasciando il resto.
Oggi parlo di paradiso fai-da-te e non mi riferisco a quello islamico dove 72 vergini attenderebbero i bramosi credenti in Allah. Parlo del paradiso di questa estate 2016 secondo gli italiani, o almeno del campione interpellato e analizzato dagli psicologi dell'associazione «Donne e Qualità della vita» (vorrei sorvolare, ma non riesco, sul fatto che un simile nome potrebbe involontariamente far brillare gli occhi ai credenti di cui sopra, tanto convinti del nesso donne/qualità della vita da sognarne addirittura 72). Pare che a credere nella vita ultraterrena sia il 43% dei nostri connazionali: molti? Pochi? Secondo me il dato davvero significativo è che la stragrande maggioranza degli aspiranti all'eden spera di trovarvi beni materiali, soprattutto cibo. Trovo dunque confermata la mia impressione che gli italiani pensino solo a mangiare, e lo dice uno che di ristoranti ne scrive ma ogni tanto vorrebbe parlare anche d'altro, specie quando si ritrova con amici noiosamente concentrati su stelle Michelin, vini biodinamici, cuochi televisivi.
Superata la tentazione di farmi cadere le braccia sono andato a leggere i dettagli. Nell'altro mondo gli italiani vorrebbero ritrovare innanzitutto la pasta fresca e la pizza, così dichiarando di essere schiavi dei carboidrati (a questi la dieta Dukan gli fa un baffo) e segnati da una fame atavica che prima della presente, interminabile crisi sembrava dimenticata mentre invece rieccola. L'altro giorno è uscita la notizia di una ripresa del consumo di carne, che poi, a leggere meglio, si è rivelata una ripresina, una ripresuccia apprezzabile solo con la lente di ingrandimento, e comunque una rondine non fa primavera. E inoltre, a dirla tutta, oggi un pollo da supermercato costa meno di una pizza gourmet, quindi la notizia all'apparenza ottimista non è riuscita a colorare il grigio scenario: gli italiani continuano a risparmiare sul cibo. E, quello che è ancora peggio, non sono nemmeno più capaci di sognare. Domanda: perché, visto che immaginare non costa nulla, non immaginare una vita eterna allietata da cibi lussuosi come aragoste, tartufi, caviale?
Io, che di sognare sono ancora capacissimo, a domanda avrei risposto: «Non so cosa mi aspetti lassù, non so nemmeno se San Pietro mi farà entrare, ho qualche dubbio, ma se potessi decidere il menù del Grand Hotel Paradiso non vi mancherebbero mai cicale greche e ostriche rosse».
Mentre gli 800 reali interpellati hanno preferito orientarsi su fettuccine e margherite, contenti loro.
Scendendo verso il basso della classifica delle aspettative post mortem ho trovato i vini pregiati e, quasi in fondo, il tiramisù, il più internazionale dei nostri dessert, di cui recentissimamente si è tornato a discutere siccome le sue origini sono state documentate (beninteso fino a prova contraria) nella friulana Tolmezzo e non nella veneta Treviso, come si pensava.
Ma perché trattenersi sui dolci? Non c'è bisogno di essere teologi per supporre che fra le nuvole non esistano problemi di glicemia, diabete, giro vita: si potrebbe finalmente esagerare con gli zuccheri semplici e invece no, viva la pizza.
Non so se la colpa è dei sondaggisti o dei sondaggiati, ma la visione del paradiso che ne deriva è un ristorantone di quelli che piacciono agli utenti TripAdvisor, un posto affollato dove si mangia molto e si spende poco, dove ci
si ingozza per ore in tavolate lunghe e rumorose. E Dio? E la Madonna?E Gesù Cristo? Quest'ultimo potrebbe suscitare un rinnovato interesse presso gli italiani se si decidesse a moltiplicare capricciose e quattro stagioni.
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