Alla fine il primo a essersi rotto le scatole del governo dei grillini è proprio lui: Beppe Grillo. L'uomo che li ha creati e che ha dato loro il nome, il suo nome. Quello con cui continuiamo tutti a chiamarli: grillini, appunto. Ma Grillo, a giudicare dall'intervista che ha rilasciato a Sette, il settimanale del Corriere della Sera, non è più grillino. Che qualcosa si fosse incrinato tra lo scienziato pazzo e la sua creatura, lo avevamo già capito. Il Grillo che si guarda riflesso nello specchio della politica non si piace affatto. E non perde occasione per dirlo.
I segnali, d'altronde, c'erano tutti: il nome tolto dal simbolo, un blog separato da quello del Movimento che tratta temi sempre più visionari e surreali, il ritorno agrodolce sui palchi dove non può non fare a meno di fare quello che gli viene meglio: sbertucciare i potenti. Ma i potenti sono i suoi, questa volta, e pure la sua satira è costretta a marciare con il freno a mano tirato, per non rovinare nel ridicolo. Se Grillo non avesse fondato i grillini ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate a sentirlo sbeffeggiare Di Maio che sbaglia i congiuntivi e Toninelli che parla di tunnel inesistenti. Sembrano i bersagli perfetti per la sua satira. Così Grillo ha fatto un passo di lato ed è tornato sul palco, paradossalmente, per gustarsi lo spettacolo. Ma non il suo, quello dei suoi. E non possiamo negare che a volte sarebbe esilarante, se non ci fosse di mezzo il nostro Paese.
«Volevano bruciarmi, allora mi sono spostato, malignamente vorrei sottrarmi alle cause», dice Grillo a proposito delle cause intentate dagli espulsi. Poi è ancora più chiaro e disilluso: «Il mio ruolo è come quello dei primi stadi dell'Apollo: fornisci la spinta, l'energia, poi ti stacchi un po'. C'erano solo due possibilità: continuare a essere il capo del Movimento oppure assumere la posizione del garante». Il comico non nasconde il senso di disagio e amarezza di fronte alle peripezie del governo gialloverde: «È come stare sul traghetto mentre soffri il mal di mare».
E non manca neppure il solito attacco all'alleato-nemico Salvini, quello che finisce sempre al centro delle sue battute più caustiche: «Ritengo le sue idee allo stesso livello dei dialoghi di uno spaghetti western. Lo manderei a calci a fare il suo lavoro al Viminale, però siamo al governo, dobbiamo essere più consapevoli».
Ed è tutto chiaro: questo è un Grillo di lotta, il solito Grillo di lotta, ma con la differenza non da poco che ora al governo ci sono i grillini. E lui non riesce proprio a capacitarsene. Dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e sono finiti a fare i pesci in barile nei palazzi del potere.
Anche su un'eventuale sconfitta alle prossime elezioni europee il comico genovese è sibillino: «Se le prossime elezioni europee andranno male devo sfiduciarlo? Quello che conta è non perderci, non la possibilità di perdere». Una frase che vuol dire tutto e niente, ma che marca ancora una volta la distanza sempre crescente tra il garante e il leader politico dei pentastellati, quel Di Maio che poche settimane fa il comico ha liquidato con una dichiarazione tombale: «Bisogna avere pazienza con lui, è giovane». E ora pare che la pazienza la abbia persa anche lui.
Grillo continua a fare Grillo, ma forse non si rende conto che parla più come il leader dell'opposizione che come il fondatore del partito che pilota l'esecutivo. E la prima impressione che rimane dopo aver letto la sua intervista è chiara: nemmeno Grillo ha più voglia di votare questi grillini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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