Se la sinistra scopre il leghista in sé

Oggi la sinistra scopre e inizia a temere il Salvini che ha in sé. Dopo aver sbeffeggiato per anni le politiche migratorie del centrodestra, si accorgono che anche il loro stesso elettorato condivide quelle preoccupazioni

Se la sinistra scopre il leghista in sé
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Lunedì 9 giugno 2025, ore 15, inizio del nuovo psicodramma della sinistra italiana. Non ci riferiamo solo alla clamorosa débâcle referendaria nel suo complesso e alla conseguente affermazione della premier, ma a una particolare sconfitta: quella piccola, ma profonda e dolorosa ferita che è il quinto quesito, quello che riguardava la cittadinanza breve per gli stranieri. Tema bocciato, ancor più degli altri quattro, dagli stessi elettori dem. E da quel quesito politico ne nasce uno squisitamente esistenziale: come fa il mondo progressista - la casta degli ottimati -, a essere scivolato su un argomento così popolare e pure populista? Come è possibile che nella terra d'elezione del buonismo siano germogliati i semi del cattivismo? Da lunedì su giornali, siti e profili social d'area è iniziata una seduta collettiva di autoanalisi per cercare di trovare una spiegazione a quel 34,57% di No che pesa come un macigno e fa precipitare nella Fossa delle Marianne l'autostima della gauche nostrana. Dare una risposta obiettiva consisterebbe nell'avventurarsi in una feroce autocritica, per poi gettare alle ortiche l'ultimo ventennio di politiche sulla sicurezza e sulle migrazioni.

Giusto per rendere l'idea della frattura tra la base del Partito democratico e la sua classe dirigente: secondo l'analisi dei flussi dell'Istituto Cattaneo, tra il 15 e il 20% degli elettori dem ha bocciato la proposta di accorciamento dei tempi per la cittadinanza. Giorgio Gaber, quasi un trentennio fa, diceva: «Non temo il Berlusconi in sé, ma il Berlusconi in me». Oggi la sinistra scopre e inizia a temere il Salvini che ha in sé. Un «clandestino» che occupa anche la bell'anima delle sue genti. Dopo aver sbeffeggiato per anni le politiche migratorie del centrodestra, si accorgono che anche il loro stesso elettorato condivide quelle preoccupazioni. E che quelle preoccupazioni - sempre licenziate dai papaveri del Nazareno come bieca propaganda elettorale - erano reali. E tutti i mantra di un tempo? Che fine hanno fatto l'accoglienza a tutti i costi, braccia aperte, porti spalancati, i migranti come risorse? Un flop. Solo un buco nell'acqua. Non solo i dem erano slacciati dalla vita reale, ma anche dai loro stessi elettori, moltiplicando l'alienazione. Nel nome dell'inclusività hanno escluso anche una bella fetta del loro popolo. E, affinché lo capissero, è stato necessario un costoso e inutile referendum che, di fatto, si è ridotto a un turno di primarie interne al campo largo.

O forse, più semplicemente, come dimostrano le cronache quotidiane, i migranti sono arrivati a lambire i centri storici e le zone a traffico limitato di piccole, medie e grandi città. Così i fortini del buonismo e del politicamente corretto hanno dovuto capitolare di fronte all'evidenza: e si sono «salvinizzati». E lo psicodramma continua.

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