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Senza guizzi

La notizia buona è che la prima legge di bilancio del governo di destra-centro è stata accolta bene dai mercati

Senza guizzi

La notizia buona è che la prima legge di bilancio del governo di destra-centro è stata accolta bene dai mercati. E che probabilmente anche Bruxelles non avrà motivo di lamentarsi. Gli unici che nella loro schizofrenia politica scenderanno in piazza saranno piddini e grillini, che non hanno l'onestà intellettuale di ammettere che la maggior parte delle risorse puntano ad aiutare le fasce deboli. Ma anche una legge di bilancio più o meno in continuità con quella del governo Draghi, in una logica «da burocrati» (per usare l'espressione di un personaggio che per anni ha guidato l'economia nei governi di centrodestra), senza guizzi.

Ecco, il punto è proprio qui: manca quel «quid» che nelle congiunture economiche complicate, senza stressare i bilanci, e cioè senza esporsi al debito pubblico, caratterizza politicamente un provvedimento del genere. Probabilmente ha pesato il poco tempo a disposizione, questo è sicuro, ma anche quell'eccesso di cautela che a volte si impossessa dei neofiti delle politiche di rigore. Per cui si è osato poco. Forse a ragione, forse no. Lo deciderà il tempo. Solo che alla fine la «discontinuità», «l'identità» al nuovo governo di destra-centro sarà determinata per ora più dal decreto contro i rave e dall'intervento sull'immigrazione, che non dalla politica economica.

Eppure sarebbe bastato un piccolo sforzo in più, magari nel capitolo fiscale. Uno sforzo di fantasia: immaginare cioè misure che non pesano sulle casse dello Stato ma danno l'idea di un cambio di filosofia. Non per nulla l'idea più innovativa è stata lanciata da Silvio Berlusconi sulla decontribuzione per i nuovi assunti under 35, che alle imprese costerebbero solo i soldi dati al lavoratore. Di fatto un impulso all'occupazione con un impatto sociale non indifferente, visto che dà una prospettiva di lavoro agli «occupabili» (quasi un controcanto al reddito di cittadinanza) e spinge le imprese ad investire sul capitale umano: lo Stato non ci guadagna un euro e neppure lo spende, ma intanto per tre anni apre le porte del futuro a migliaia di giovani. La proposta è stata accolta dal governo, ma ancora non si sa come sia stata declinata nella legge di bilancio.

Così come si poteva essere più coraggiosi anche sulla tregua fiscale. Su quel tetto dei mille euro per lo stralcio delle cartelle. Per due anni si è raccontato alla gente che i danni provocati dalla pandemia potevano essere paragonati a quelli di una guerra. Poi è arrivata anche la guerra e per chi non se ne fosse accorto ci hanno pensato il caro-bollette e l'inflazione a farglielo sapere. Ebbene, chiedere oggi ad una famiglia che ha il portafoglio prosciugato dal costo del gas o della luce di pagare una cartella dell'Agenzia delle entrate, magari per una contravvenzione, potrebbe essere paragonato alla pretesa dello Stato di incassare nel 1943, sotto le bombe, il pagamento di una multa del 1939. Anche perché, accettando l'analisi sociale che il governo ha posto alla base della legge di bilancio, molte di quelle famiglie non hanno i soldi per pagare. Vengono sottoposte in questo momento solo ad un'ulteriore pressione psicologica. Solo che la filosofia del «Law & Order» spesso fa a botte con il pragmatismo liberale.

Poi ci sono cose giuste come l'aumento dell'assegno famigliare, una norma transitoria nel sistema pensionistico per evitare di tornare alla legge Fornero, la flat tax per una parte di partite Iva. Manca, però, il guizzo. Forse bisognerà vedere una riforma del fisco per scorgerlo.

Almeno si spera.

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