Coronavirus

Sfruttamento della prostituzione ai tempi del coronavirus: coniugi agli arresti

Si tratta di una coppia bulgara che costringeva delle connazionali a prostituirsi in strada nonostante il periodo di emergenza sanitaria. Una delle vittime ha trovato il coraggio di denunciare gli aguzzini ai carabinieri

Sfruttamento della prostituzione ai tempi del coronavirus: coniugi agli arresti

Inducono con la forza e le minacce delle donne alla prostituzione ma vengono scoperti e tratti in arresto. È quanto successo a Foggia in questi ultimi giorni dove, la denuncia di una delle vittime, ha consentito ai carabinieri di arrestare due aguzzini, marito e moglie di origine bulgara. I due costringevano delle connazionali a prostituirsi. Nonostante il periodo caratterizzato dall’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, sembra proprio che quello della prostituzione sia un “lavoro” che non conosca rischi dovuti alla possibilità di contagio. Come se le “operatrici” e i loro clienti fossero immuni dai gravi rischi cui va invece incontro tutta la collettività che, in maniera scrupolosa, cerca di attenersi alle disposizioni contenute nel decreto del presidente del governo nazionale.

Una situazione alquanto pericolosa e che rischia di generare problemi sanitari di non poco conto proprio come è accaduto nella provincia foggiana. Nello specifico i luoghi in cui è stato accertato quanto stesse accadendo sono stati il comune di San Severo, i quartieri di “San Berardino” e “Siberia” e la Strada Statale 16 bis. Tutto è partito dalla denuncia di una giovane bulgara costretta a vendere il proprio corpo ai clienti in strada. La donna, dopo diversi soprusi da parte dei coniugi bulgari, ha trovato la forza di rivolgersi ai carabinieri che hanno avviato le indagini. Sono stati così scoperti degli amari retroscena. Sono state ascoltate alcune testimonianze a supporto delle quali i militari hanno eseguito delle attività di osservazione e pedinamento. Un monitoraggio che non si è mai fermato e che ha consentito di seguire gli spostamenti degli indagati.

Dalle indagini sono emersi numerosi episodi che hanno consentito di verificare come le vittime si trovassero in una vera e propria condizione di schiavitù. Le donne venivano portate in strada ad esercitare l’attività di meretricio dietro palesi minacce e ricatti che sono stati registrati dagli inquirenti. Non solo venivano costrette a prostituirsi, ma il “provento” dell’ attività doveva essere tutto consegnato nelle mani degli aguzzini. Per le vittime, in più casi, nemmeno la possibilità di potere consumare un pasto. Dalle indagini è emerso anche che le poverette erano costrette a prostituirsi anche quando vi erano condizioni meteo avverse: pioggia e temperature molto rigide. In queste occasioni le vittime supplicavano i carnefici per ottenere un po’ di legna e pneumatici da incendiare per riscaldarsi.

Nel corso delle investigazioni è emersa anche una circostanza agghiacciante: una delle vittime è stata più volte costretta ad effettuare aborti, sette quelli accertati. Nonostante tutto, la donna insieme alle “colleghe” era costretta a stare in strada fino a quanto non avesse consegnato le somme ritenute sufficienti dagli aguzzini. Diversamente scattavano le minacce e le percosse.

Raccolti gli elementi probatori sufficienti, i coniugi bulgari sono stati relegati agli arresti domiciliari.

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