Cronache

Silvia e Alessandro, sposi senzatetto che ci insegnano cos'è la libertà

A volte ci accorgiamo che la libertà può essere un vincolo, un obbligo. Prendiamo per esempio questa Fase 2: tutti si sentono in dovere di scorrazzare in lungo e in largo, anche se magari non ne hanno molta voglia

Silvia e Alessandro, sposi senzatetto che ci insegnano cos'è la libertà

A volte ci accorgiamo che la libertà può essere un vincolo, un obbligo. Prendiamo per esempio questa Fase 2: tutti si sentono in dovere di scorrazzare in lungo e in largo, anche se magari non ne hanno molta voglia, ma lo fanno per dimostrare agli altri e a se stessi di esistere ancora, per non rischiare di essere confinati e di confinarsi nel dimenticatoio della società.

Più difficile è accorgersi che, al contrario, il vincolo può essere libertà. Prendiamo per esempio il vincolo del matrimonio: che senso ha, se non quello di dire «uniamo ufficialmente le nostre due libertà per farne una sola, più grande»?

La parola più fastidiosa che da tre mesi sentiamo pronunciare con insistenza didascalica, didattica, paternalistica è una parola che prima davamo per scontata, nel bene come nel male: «insieme». Ma «insieme», nel senso più profondo non è né avverbio, né sostantivo, non vuol dire moltitudine, assembramento, folla. «Insieme» vuol dire «con chi voglio io». «Insieme» non è aritmetica, quindi per il vero «insieme» uno più uno può dare infinito.

Silvia, 36 anni, e Alessandro, 53, sono insieme davvero da dieci anni, ma sono nella Fase 2 non da pochi giorni, bensì da cinque anni. Da cinque anni, cioè, vivono in strada, sono senza fissa dimora, ma hanno un'altra fissa, molto più bella, quella dell'amore, che è una roba infinitamente più solida delle pareti domestiche. Si conobbero su una panchina, come gli innamorati di Peynet, e ora hanno deciso di scendere in campo, andando incontro, controcorrente, a un vincolo che, mai come in questo caso, significa libertà. Insomma, il 20 maggio scorso si sono sposati. Civilmente, parola che in questo caso significa «con civiltà».

Dieci anni fa non fu un colpo di fulmine, ma un accenno di acquazzone. «Mi ha fissata dieci minuti senza degnarmi di un saluto. Ad aprile me lo sono ritrovato davanti e mi ha offerto l'ombrello perché minacciava pioggia. Non volevo avere nulla a che fare con lui, mi sono affrettata a salire sul bus che mi avrebbe portata a Faloppio, dove ai tempi vivevo con la mia famiglia», ha detto Silvia. Complice il solito numero di cellulare ottenuto per vie traverse, Alessandro è rimasto sul pezzo, anche dopo che l'hanno licenziato dal posto dove lavoricchiava per portare qualche soldo nella casa che non c'è. «Di lei - dice lui - mi piace tutto, anche se ha un bel caratterino».

Così, otto giorni fa, testimoni due loro amici anch'essi senzatetto, altre due persone sono diventate, con timbri e firme, un nuovo «insieme».

E adesso per loro incomincia la Fase 3: consapevoli come sicuramente sono che la libertà non deve essere un vincolo, e che con i vincoli, in ogni caso, è meglio non esagerare.

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