La Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta che vede coinvolto Attilio Fontana, indagato per autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure del 2015. Adesso la scelta spetterà a un giudice, che dovrà decidere se proseguire o meno verso la strada dell'archiviazione definitiva. Le indagini riguardano l'origine di 5,3 milioni di euro detenuti su un conto svizzero a Lugano e "scudati" sette anni fa dal governatore della Regione Lombardia alla morte della madre.
L'inchiesta
Dunque la palla adesso passa nelle mani di un giudice. I magistrati, per aver un quadro più chiaro, avevano inoltrato una rogatoria in Svizzera per cercare di ottenere tutta la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure presentata da Fontana. Ma in assenza di riscontri si potrebbe procedere per l'archiviazione del caso, così come chiesto dai pm. Come riferisce l'Ansa, l'istanza firmata dai pm Paolo Filippini e Carlo Scalas e dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli sarebbe stata inoltrata all'ufficio gip nei giorni scorsi.
La difesa di Fontana
Fontana ha sempre tenuto a difendere la propria posizione, facendo sapere che quella somma - regolarizzata sei anni fa - non era altro che il lascito ereditario di sua madre. A maggio i suoi difensori, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, hanno infatti depositato la documentazione bancaria a partire dal 1997 e relativa ai conti svizzeri. La tesi sostenuta è che non si tratti di versamenti in contanti, ma di denaro investito in titoli, fondi e altro, e riconducibile alla madre.
È stata fornita la documentazione per ricostruire il patrimonio estero ereditato dai genitori. I legali hanno spiegato che tale patrimonio "si è accumulato sin dagli anni 70 e si è scoperto che ricomprendeva anche un secondo conto aperto nel 1999 presso altra banca elvetica". Una circostanza di cui tuttavia Fontana "era completamente all'oscuro". Il consolidamento dei due conti successivamente avvenuto potrebbe spiegare "l'ammontare del patrimonio fatto oggetto di emersione". Dunque tutto ciò dimostrerebbe che i circa 2,5 milioni di euro, su cui gli inquirenti hanno sospetti, provengono da un sottoconto. Inizialmente i pm avevano nutrito dei dubbi sull'origine dei soldi.
La vicenda era emersa nell'ambito di un altro procedimento, relativo alla commessa da 513mila euro di 75mila camici.
Materiale che nel corso dell'emergenza pandemica era stato fornito alla Regione Lombardia da Dama srl, l'azienda di Andrea Dini (cognato di Fontana). L'udienza preliminare per il filone camici, a carico del presidente lombardo, è prevista per il prossimo 18 marzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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