Politica

Sono i moderati il vero antidoto contro tecnocrati

Sono i moderati  il vero antidoto contro tecnocrati

Un cerchio con il centro in tutti i punti e la circonferenza in nessun luogo. È una definizione medievale di Dio, ma tolti gli elementi metafisici e trascendenti, mi pare buona per la politica italiana. Tutti parlano della necessità di un Centro, ma non si capisce bene dov'è, chi lo incarna, con quale forza elettorale e progettuale. C'è sempre in tutti i discorsi ma sembra non esserci più nella realtà. I referenti di questo presunto spazio politico sarebbero i cittadini moderati, anch'essi sempre evocati come massa silenziosa maggioritaria del paese, ma dispersi in un non luogo che assomiglia alla metafora medievale. Nel senso che non hanno una casa comune ufficiale, un partito definito, spesso secondo me non votano proprio o votano qua e là per tornare delusi a sperare in qualcosa che deve ancora venire. L'anatomia a-ideologica della geografia partitica italiana ci dice che gli anni in cui i poli si aggiungevano come figurine Panini sono già superati. Con la crisi verticale e improvvisa dei grillini l'Italia è tornata bipolare. Da un lato, a sinistra, abbiamo il Pd e per antropologia valoriale profonda il M5s. Il primo si è ripreso con i numeri, ma ha un nuovo segretario che pratica l'understatement come basso profilo programmatico per tenere insieme anime inquiete attratte dalla scissione più che dalla rilettura di Karl Marx. Ora il caso Lotti, nella bufera dell'inchiesta sulle toghe corrotte, potrebbe dare a Renzi la spinta per fare un movimento proprio. Potrebbe. Sui pentastellati si scrive tutti i giorni e non sprecherei altro inchiostro, ma la cattiveria di chi ha intravisto per loro la parabola dell'Italia dei valori non la sottovaluterei, almeno come spauracchio. Casaleggio su un trattore come Di Pietro non ce lo vedo, ma mai dire mai, al peggio - dice l'esperienza - non c'è mai un limite. A destra abbiamo Salvini, anche di lui si parla a tutte le ore come fosse un reality, qui conta dire che non è un uomo di centro, che ha fatto un capolavoro politico portando la Lega dal 4 al 34 per cento e potrebbe crescere ancora. Si deve solo augurare che Lerner sia in onda ancora un po' e Fico esterni un po' più spesso sull'inclusione come emergenza nazionale. Lo dico non per salire sul carro, meglio sul Carroccio del vincitore, ma è pura fotografia dello stato delle cose. Poi sempre a destra c'è la Meloni, che con le Europee ha fatto un bel salto, non tanto nei numeri, quanto nella capacità di uscire da un partito romano-centrico e di diventare polo di attrazione per molti delusi di Forza Italia. E siamo a Forza Italia, partito in subbuglio e leader ancora importante, che piaccia o non piaccia a rottamatori e parricidi. Il Cav, con pochi giorni di campagna elettorale, è risultato secondo dopo Salvini per numero di voti. Questi sono numeri, non interpretazioni di parte e questi numeri dicono che Berlusconi è ancora credibile per gli italiani moderati. Dunque un uomo di centro, dentro una possibile alleanza con Salvini su cui in questi giorni si legge di tutto e non mi voglio addentare. Quello che conta, nel nostro ragionamento, è che il centro non è solo un luogo geografico o simbolico. È un sistema di valori in cui riconoscersi prima ancora che un'arma tattica con cui portare voti da una parte o dall'altra. Se si vota a settembre allora questa tattica può essere vincente, se no bisognerà tessere una nuova tela e la strada passa per forza dal Cav. Se infatti si va più in là con le nuove elezioni e se lo scoglio della Finanziaria deve essere affrontato in modo razionale, quello spazio rischia di essere occupato tecnicamente, non ideologicamente, da un supertecnico supercredibile con l'Europa. Il suo nome non è Monti, ma Draghi.

In ballo ci sono governo e Quirinale.

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