Cronache

"Sparate alla polizia, viva i boss": quelle canzoni choc pro mafia

Le canzoni choc che inneggiano ai boss come Totò Riina e invitano a sparare ai poliziotti definiti “pezzenti”, saranno oggetto di attenzione in parlamento e in commissione antimafia

"Sparate alla polizia, viva i boss": quelle canzoni choc pro mafia

Sui social è bufera per i video della cantante folk calabrese Teresa Merante, presenti in rete già da diversi anni, ma balzati alle cronache solo ieri per via del suo ultimo singolo pubblicato in occasione del capodanno.

Video che su YouTube contano oltre 3 milioni e mezzo di visualizzazioni. Nulla di strano, se non fosse che la sua musica popolare si basa sulla vita e la storia di latitanti e boss mafiosi, ne esalta le gesta, ponendoli al di sopra della legge e di chi la rappresenta. Infatti, in un passaggio di una delle sue canzoni “U latitanti”, ispirata alla storia del latitante Rocco Castiglione, dice chiaramente: “Una luce fioca inizia a lampeggiare, fuggite giovanotti questa è la polizia, sparate a tutta forza verso quella brutta compagnia. Si stanno avvicinando con il mitra in mano ma non abbiate paura, sono solo quattro pezzenti. Noi siamo i latitanti noi siamo i più potenti”.

Non un caso isolato, se consideriamo che un anno dopo, nel 2018, ha pubblicato un singolo intitolato “Il Capo dei Capi”, dedicato al boss mafioso Totò Riina. Il testo della canzone descrive Totò Riina come “uomo di tanto rispetto e onore” e ancora “Due giudici gli erano contro ed arrivò per loro il giorno. Li fece uccidere senza pietà” con chiaro riferimento ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
O, ancora, la canzone intitolata "Totò u curtu", cantata - come si legge sul canale Youtube della Merante "per gli amici carcerati".

Nel suo ultimo videoclip pubblicato alla fine dell’anno, la Merante, che conta su Facebook 88 mila followers, inneggia alla liberazione di tutti i detenuti.

“Un fatto davvero allucinante. Questi video sono assolutamente da bandire, sarà mio impegno portare la questione all’attenzione del parlamento e in commissione antimafia”, lo dichiara interpellata da IlGiornale.it, Wanda Ferro, deputata di Fratelli d’Italia e segretario della commissione parlamentare antimafia, “Ci siamo battuti tantissimo quando si parlava di scarcerazioni, non è ammissibile che si inneggi alla liberazione di chi commette crimini. Ci sono dei cantastorie, anche lontani politicamente da quelle che sono le mie idee, che però attraverso la musica raccontano la storia di donne che hanno pagato a caro prezzo il loro opporsi alla mafia, come ad esempio Lea Garofalo. Per diffondere la legalità, non bastano le forze dell’ordine e la parte buona della Magistratura, occorre soprattutto la cultura e le arti come la musica possono fare tanto. Questa donna – conclude Wanda Ferro – dovrebbe solo fare ammenda e chiedere scusa alle famiglie delle vittime di mafia”.

L’Italia, in particolar modo Calabria, Sicilia e Campania, hanno pagato il prezzo più alto nella lotta alle mafie. Terre difficili che, però, cercano di riscattarsi ripudiando la violenza e promuovendo azioni volte alla diffusione capillare della cultura della legalità.

Di canzoni come quelle della Merante, con connotazione folkloristica e con chiaro riferimento a persone e storie lontane dal concetto di legalità, ne esistono diverse.

Lia Staropoli, presidente dell’Associazione “ConDivisa” e co - fondatore del Movimento Antimafia “Ammazzateci Tutti”, nel suo libro “La Santa Setta”, improntato sul potere che la ‘ndrangheta ha sugli affiliati e sul consenso sociale che questa ottiene sul territorio, affronta ampiamente l’argomento, condannando fermamente questo tipo di musica.

“Sicuramente non tutti i cantanti e gli autori di queste canzoni sono degli affiliati. Ma il messaggio è comunque sbagliato”, dice Staropoli a IlGiornale.it, “Dobbiamo comprendere che l’attività prevalente della criminalità organizzata è proprio quella di tentare di sembrare attraente e, indubbiamente, certe canzoni le conferiscono parecchia propaganda. La criminalità organizzata ha bisogno di sembrare affascinante perché il fattore determinante per ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra è proprio il “consenso sociale”. Senza il consenso sociale la mafia non potrebbe contare sull’omertà e sulla reticenza. E lo cerca ovunque, persino attraverso la musica, ma per esempio anche durante le funzioni religiose con i cosiddetti ‘inchini’ delle statue dei Santi, per ammantarsi di sacralità. La mafia tenta di conferirsi potere per mezzo di canzoni, e proverbi che ritraggono boss e affiliati come benefattori, e per farlo utilizzava anche delle trasmissioni radiofoniche. Adesso – continua - tenta di usare i social network”.

Per Lia Staropoli il rischio di emulazione è concreto e immediato, in quanto i giovani sono sempre più affascinati dai criminali celebrati nelle canzoni e, talvolta, anche in alcune serie tv.

“Ragazzi che celebrano e legittimano le condotte criminali dei boss, contestualmente insultano e tentano di delegittimare carabinieri, poliziotti e militari della guardia di finanza. Ma i pericoli maggiori li riscontriamo nelle roccaforti di ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, nelle zone fortemente interessate e controllate dalla criminalità organizzata. Qui i ragazzi potrebbero veder legittimate alcune condotte criminali che percepiscono direttamente”.

La linea dura arriva anche dai sindacati della Polizia di Stato. “Gravissimi e vergognosi i testi di queste canzoni. Davvero uno scempio, nonché enorme mancanza di rispetto nei confronti di chi ha sacrificato la propria vita per combattere le mafie”, fa sapere Fabio Conestà, segretario generale del Mosap (movimento sindacale autonomo di polizia), “Chiediamo a gran voce che politici e autorità, compresi i nostri vertici, sul fronte comune si adoperino affinché tali obbrobri siano immediatamente censurati. Non è ammissibile che siano permessi messaggi di questo tipo”.

A Conestà fa eco Franco Maccari, vice presidente nazionale della federazione sindacale di polizia Fsp: “Non sentivamo la mancanza di un’altra cantastorie che inneggia ai mafiosi e a sparare ai poliziotti – dice a IlGiornale.it - ma se ha pure un “manager” e l’appoggio di pezzi di Istituzioni come un sindaco disattento, il ragionamento da fare è quasi scontato: fin quando si può lasciare licenza di esprimersi e di far conoscere ‘personaggetti’ come questi? Forse dovrebbero emigrare verso lo “stato dell’arte” richiamato anche dalla ormai sorpassata Nannini” conclude.

L’ultimo video della Merante, pubblicato da una piccola etichetta di Reggio Calabria, è stato girato a Nicotera, in provincia di Vibo Valentia. L’amministrazione comunale che ha concesso i permessi per le riprese, si è successivamente dissociata.

Il sindaco Giuseppe Marasco, avrebbe ammesso la disattenzione, dichiarando di non aver letto il testo della canzone.

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