Cronache

Spari al tribunale di Milano, tre morti e due feriti. Preso il killer

L’autore della sparatoria si chiama Claudio Giardiello. Catturato poco dopo a Vimercate. Morti il giudice Fernando Ciampi, l'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani e il coimputato Giorgio Erba. GUARDA IL VIDEO CHOC Così è stato evacuato il tribunale

Spari al tribunale di Milano, tre morti e due feriti. Preso il killer

Scene da Far West al tribunale di Milano. Un uomo, imputato per bancarotta, ha sparato uccidendo tre persone. Poi ha continuato a fare fuoco dentro il Palazzo di Giustizia. Il killer è Claudio Giardiello, che poi si è dato alla fuga, braccato dalle forze dell'ordine. Dopo poco è stato arrestato dai carabinieri a Vimercate, cittadina dell'hinterland milanese che ha raggiunto in sella a uno scooter.

Giardiello era imputato nel processo Magenta Immobiliare (fallita nel 2008) di cui era socio di maggioranza. Lorenzo Alberto Claris Appiani, morto nella sparatoria, era stato l'avvocato dell'aggressore in un procedente processo per fallimento e all'udienza di oggi nel palazzo di giustizia milanese era andato a testimoniare. L'aggressore, dopo avere chiesto al suo legale, che lo difende nel processo Magenta immobiliare, di rimettere il mandato, ha sparato colpendo a morte Claris Appiani. Poi ha sparato a Davide Limongelli, coimputato al processo di oggi, rimasto ferito all'inguine e poi ricoverato in gravissime condizioni all'ospedale Niguarda. Nella sparatoria sono morti anche il giudice Fernando Ciampi e Giorgio Erba, ferito al torace e deceduto poi al Policlinico. L'assalitore dal terzo piano del tribunale, dove ha iniziato la sparatoria, è sceso al secondo piano e ha esploso due colpi nella direzione del giudice Ferdinando Ciampi. Il giudice è morto sul colpo.

L'autore della strage aveva diverse società e negli ultimi tempi si trovava in gravissime difficoltà finanziarie, sfociate in diverse cause giudiziarie. Il giudice Ciampi era citato come teste al suo processo perché aveva emesso una sentenza di fallimento di una società collegata a quella di Giardiello. Morta anche un'altra persona, colpita da un malore in tribunale durante la sparatoria.

In totale Giardiello ha esploso 13 colpi di arma da fuoco. Con sé aveva due caricatori di proiettili calibro 7.65. L'uomo "ha agito con fredda premeditazione", ha detto in conferenza stampa a Palazzo di Giustizia il procuratore di Brescia Tommaso Bonanno,
ricostruendo le fasi dell’aggressione.

Il giudice Ciampi, come ha riferito il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, è stato ucciso con due colpi di pistola. Ciampi ha cercato di proteggere una sua collaboratrice prima di essere ucciso nella sua stanza.

Una delle ipotesi al vaglio degli inquirenti è che Giardiello abbia esibito un falso tesserino di avvocato. In questo modo avrebbe evitato i metal detector che ci sono per l’ingresso in tribunale. È un’ipotesi confermata da Bruti Liberati.

L'arresto

Dopo essere fuggito dal Tribunale di Milano a bordo del suo scooter, un Suzuki Burgman grigio, Giardiello era diretto da un altro dei suoi ex soci quando i carabinieri di Vimercate lo hanno intercettato vicino al centro commerciale "Torri Bianche" di Vimercate. Secondo indiscrezioni l'uomo stava cercando di raggiungere un altro suo socio che stamani non si è presentato all’udienza fallimentare in cui era imputato. Cinque le pattuglie coinvolte nella cattura: Giardiello non ha opposto resistenza.

Giardiello in ospedale

È stato portato via in ambulanza Claudio Giardiello. L’uomo, fermato dai carabinieri di Vimercate in un centro commerciale, si trovava nella sede della Compagnia dei carabinieri per essere sentito. L’ambulanza è stata scortata da due pattuglie dei carabinieri. Poco dopo hanno raggiunto l'ospedale il comandante della compagnia carabinieri di Vimercate, Marco D’Aleo, e due magistrati, Franca Macchia sostituto a Monza e il procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili. Le indagini saranno svolte dalla Procura di Brescia. La competenza è determinata dal fatto che tra le vittime vi è il giudice Fernando Ciampi, in servizio a Milano.

Le sue prime parole dopo l'arresto

"Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato": sono state queste, secondo quanto apprende l’agenzia Ansa, le prime parole dette da Giardiello subito dopo essere stato catturato dai carabinieri.

Il racconto dei testimoni

"Ho visto morire un testimone davanti a me, sono scioccato", racconta il pubblico ministero Luigi Orsi, presente in aula quando Giardiello ha sparato. Secondo alcuni testimoni Giardiello avrebbe rivolto l’arma anche contro di lui senza però riuscire a colpirlo.

"Sono entrato nell'aula della seconda sezione penale non appena ho sentito gli spari e ho visto il mio collega l'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, riverso a terra con la camicia sporca di sangue. L'ho toccato ed era già freddo e non respirava più". Questa la drammatica testimonianza dell'avvocato Vaghi, che aveva udienza nell'aula accanto ed è stato fra i primi a soccorrere i feriti.

"Ho sentito degli spari e ho visto un uomo con una gamba insanguinata, ho avuto paura e sono scappato", dice un uomo che si trovava nel Palazzo di giustizia. Diverse persone hanno sentito il rumore degli spari e sono fuggite dai corridoi e si sono dirette verso l’uscite dell’edificio.

"Mi sembra incredibile quello che è successo", ha detto ai cronisti un uomo di circa 50 anni all’interno dell'edificio nel momento degli spari. "Non è possibile - ha aggiunto - che una persona possa entrare armata in un tribunale soprattutto in un periodo in cui i controlli dovrebbero essere più forti".

"Ci siamo asserragliati nell’aula, appena sentiti gli spari", racconta l’avvocato Roberto Faletti, che era in udienza in un’aula accanto a quella dove l’omicida ha sparato. "I carabinieri ci hanno detto di restare chiusi nell’aula e di non muoverci - ha aggiunto - eravamo in sette, compresi il giudice e il pm".

Oggi fra le udienze previste nel Palazzo di giustizia milanese anche quella del processo per il crac Eutelia e quella sulla richiesta dei legali del Commissario straordinario dell'Ilva di Taranto, Piero Gnudi, di sbloccare un miliardo e 200 milioni di euro sequestrati dai magistrati milanesi nel 2013 ai fratelli Emilio e Adriano Riva e a due loro consulenti.

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