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Casaleggio, il ministro mancato. Ora si arrende e svende Rousseau.

AAA cedesi Rousseau disperatamente. Davide Casaleggio inaugura, in anticipo, la stagione dei grandi saldi.

Casaleggio, il ministro mancato. Ora si arrende e svende Rousseau.

AAA cedesi Rousseau disperatamente. Davide Casaleggio inaugura, in anticipo, la stagione dei grandi saldi. Ieri ha fatto capolino con una intervista a Omnibus, più mesto e remissivo del solito. A venti giorni dal post al vetriolo nel quale il figlio del fondatore accusava il Movimento 5 Stelle di partitismo, nessuno tra i big pentastellati pare avergli dato corda. Non gli pagano i soldi per la piattaforma Rousseau,

figurarsi se battono i tacchi ai suoi ordini. Così, dopo la stoccata, Casaleggio prova a tendere una mano: ai suoi, ma anche a chiunque altro adotti la sua piattaforma. Prima torna a difendere l'imprescindibilità dell'argine dei due mandati, poi si dice disponibile a riconfigurare un rapporto con il Movimento e infine si trasforma in piazzista e issa bandiera bianca. «In questi anni abbiamo avuto tanti rapporti con movimenti e organizzazioni politiche a livello internazionale. Vedo una grande volontà di conversazione». L'intervistatore lo incalza: quindi Rousseau guarda a realtà esterne al M5S? Lui non ha dubbi: «Lo ha sempre fatto e lo farà sempre di più in futuro». È la resa incondizionata, è un po' come dire che in fondo, sbriciolatisi tutti gli orpelli ideologici, Rousseau è solo un taxi per arrivare al potere. Ora che i grillini sono giunti a destinazione, lui è pronto ad affittarlo a nuovi passeggeri. Ma Casaleggio durante l'intervista, mangiandosi le mani, torna a pavoneggiarsi di quando gli offrirono un ministero e lui rifiutò. È un messaggio in codice, destinato ai suoi, che fa circolare da settimane: io ho francescanamente rinunciato ad accaparrarmi una poltrona, voi invece siete lì pronti a fare patti anche con il diavolo pur di non mollarla. Ma attorno a quale fosse il dicastero ha sempre regnato la nebbia più fitta. Ieri l'Adnkronos fa luce su quello che accadde nel lontano 2018: a Casaleggio jr fu offerto lo Sviluppo economico.

In un Paese normale, per un dicastero così importante, ti saresti aspettato che i grandi manovratori del Conte I si arrovellassero sul nome di un grande economista, un professorone, un esperto del mondo del lavoro. Invece la discussione deve essere andata pressappoco così: chi mettiamo allo Sviluppo? Luigi Di Maio, ex venditore di bibite al San Paolo, o Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto, noto sostenitore della decrescita felice? Praticamente perfetto per il sottosviluppo economico. Poi, dopo un giro di morra cinese, immaginiamo che abbiano sciolto le riserve. Come è andata a finire lo sappiamo tutti, è storia recente: per questioni di opportunità, non certo per curriculum, è stato scelto Luigi Di Maio. Dare il ministero dello Sviluppo economico a un imprenditore di fatto proprietario del partito di maggioranza, distribuire un ruolo cruciale per il Paese come una ricompensa a chi li ha catapultati in Parlamento, sarebbe stato imbarazzante. Anche per il Movimento 5 Stelle.

E così Casaleggio, senza ministero e senza truppe, è finito a fare le televendite della sua piattaforma-gioiello.

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