Coronavirus

Strage di anziani nelle rsa toscane: "Così mia madre è morta di Covid19"

"Il caos nella casa di cura prima della morte di mia madre", parla la figlia dell'ennesima vittima di Covid delle rsa toscane

Strage di anziani nelle rsa toscane: "Così mia madre è morta di Covid19"

“Le dicevo, mamma non preoccuparti tu sei al sicuro”. Ha la voce piena di rabbia, il cuore colmo di dolore, quando ci racconta quello che ha passato, segno evidente di una figlia che chiede che sia fatta giustizia. Simbolo di chi lotta perché chi ha ucciso sua madre possa pagare per quello che fatto. La mamma di Francesca, la chiameremo così, per assecondare la sua richiesta di anonimato, da 8 anni viveva in una rsa a Firenze. E proprio quel luogo in cui i figli l’avevano portata con immenso dispiacere perché qualcuno si prendesse cura di lei, ha deciso la sua morte. Improvvisa. Ingiusta. A inizio aprile la donna ha contratto il Coronavirus ed è deceduta all’ospedale di Careggi.

L’allarme dei primi casi di Covid19 era stato dato già da più di un mese. A inizio marzo si iniziavano a chiudere le strutture per anziani. I numeri dei contagi in Italia iniziavano a preoccupare e il lockdown deciso dal governo non ha atteso ad arrivare. Il bollino rosso di massima allerta era scattato in tutta Italia e i primi numeri lasciarono a medici e virologi una sola certezza: anziani e immunodepressi sono terreno fertile per il virus letale. L’allarme era arrivato forte e chiaro. “Sapevamo che gli anziani erano a rischio e alla fine della prima settimana di marzo - ci racconta Francesca - la struttura chiuse l’ingresso ai parenti di tutti gli ospiti”. Una precauzione che ha tranquillizzato i figli della donna, sicuri che la direzione sanitaria avesse percepito il rischio e quindi deciso di tutelare i propri anziani. Eppure nel giro di 30 giorni su 150 pazienti ricoverati nella struttura toscana i contagi sono stati almeno 50, non contando il personale sanitario risultato infetto. Qualcosa sembra essere andato storto e quella casa sicura che avrebbe dovuto lasciare fuori dai cancelli il virus è diventata un focolaio che ha permesso al nemico invisibile di mietere decine di vittime.

Mentre i parenti degli ospiti accettavano di stare distanti dai propri affetti per tutelare la loro salute e proteggerli dalla minaccia che stava mettendo in ginocchio l’Italia, qualcuno metteva in pericolo gli anziani, deboli, impotenti, spaesati. “Noi figli non l’abbiamo più vista dagli inizi di marzo, ma accanto a lei nei giorni successivi sono state portate persone nuove, arrivate da altre strutture e senza che avessero fatto nessun tampone”, ci spiega ancora Francesca. In un mese di parole sofferte dallo schermo di un telefono ogni nuova informazione che i figli riuscivano a captare era un pugno nello stomaco. La casa di cura Villa Gisella ha iniziato ad accettare nuovi ospiti nella rsa anche dopo la chiusura obbligatoria. Persone alle quali nessuno aveva fatto i test per scoprire se potessero aver contratto il virus, anziani che sono stati messi a convivere nelle stesse stanze di chi da anni viveva lì, senza nessuna precauzione. "È una vergogna e nessuno si sta muovendo, è ora di farlo da soli. Domani presenteremo l'esposto alla procura", ci confida Francesca.

Cosa stava succedendo dentro le mura della rsa fiorentina? In tanti avrebbero voluto saperlo e invece le uniche notizie che sono trapelate dalla struttura hanno parlato di contagi, morti, persone che avrebbero dovuto essere trasportate negli ospedali per problemi respiratori. “I tamponi non sono mai stati fatti a nessuno. La direzione sanitaria della rsa ha fatto fare agli ospiti il test sierologico i primi di aprile, test al quale pochissimi individui sono risultati positivi, ma i tamponi non sono stati fatti, non si è mai avuto la certezza del numero di casi di Covid19 all’interno della rsa”. Lo sa per certo Francesca, perché sua madre è proprio uno di quei casi. La donna era risultata negativa al test sierologico. “Eravamo tutti contenti, pensavamo di averla scampata”, ammette Francesca. Nemmeno 24 ore dopo il risultato che aveva mantenuto viva nei fratelli la speranza di aver schivato il virus maledetto la loro madre è stata portata all’ospedale, dove è morta in soli 5 giorni.

Il test sierologico non era bastato per garantire lo stato di salute di quella paziente, che grazie a quel simbolo negativo, è stata lasciata in reparto insieme agli altri ospiti, sani, trasformandosi di fatto in un pericolo. Ecco cosa succedeva, da mesi, all’ombra dei parenti preoccupati. Alle persone che non riportavano sintomi evidenti che potessero suggerire la presenza del Covid nei loro corpi non è mai stato fatto il tampone, nonostante molti di loro avessero condiviso gli spazi comuni con i pazienti che erano risultati positivi. Così il virus è stato sottovalutato, così quella struttura gli ha spalancato le porte, senza preoccuparsi di individuarlo, senza provare a combatterlo.

Togliendo dignità alle vite di quelle persone, la cui età non dovrebbe mai fare la differenza, perché prima di essere anziani, loro, sono esseri umani.

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