Le chat della strage: i fidanzatini si accusano, ma non rispondono al gip

I due fidanzati avevano pianificato la strage familiare via sms. Interrogati dal gip di Avellino, entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere

Le chat della strage: i fidanzatini si accusano, ma non rispondono al gip

Ci sono ancora numerosi punti oscuri da chiarire nel drammatico assassinio di Aldo Gioia, 53 anni, accoltellato dalla figlia Elena, neo diciottenne, in correità col fidanzato, Giovanni Limata, 23 anni. La giovane coppia avrebbe messo a punto una strage familiare che, per fortuna, non è giunta a compimento. Lo comproverebbe un fitto scambio di messaggi tra i due fidanzatini nelle ore antecedenti all'omicidio da cui si evincerebbero i dettagli del piano delittuoso. Interrogati questa mattina dal gip di Avellino Paolo Cassano, entrambi gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Intanto, l'esito dell'autopsia sulla salma del 53enne ha definito la dinamica dell'aggressione: Aldo è stato colpito con 14 coltellate profonde all'addome.

Il piano delittuoso

Elena e Giovanni avrebbero concertato la strage nelle ore precedenti al delitto. Il piano, messo a punto con lucidità e freddezza, prevedeva una vera e propria mattanza che non avrebbe risparmiato né la mamma né la sorella minore della ragazza. Ma poi, qualcosa è andato storto. Così, a farne le spese è stato solo Aldo, il papà della 18enne, accoltellato poco dopo essersi appisolato sul divano in soggiorno dal fidanzato della figlia. Subito dopo il misfatto, Elena ha finto sgomento e paura millantando, nella prima versione fornita agli agenti della Squadra Mobile, che un ladro si fosse introdotto nell'abitazione di corso Vittorio Emanuele, ad Avellino, dove si è consumata la tragedia. Ma la farsa è durata appena il tempo di rintracciare il complice, Giovanni, che intanto si era rifugiato in casa dei suoi genitori, a Cervara. Fermato nella notte tra venerdì e sabato, il 23enne ha confessato l'omicidio salvo poi rimpallare le responsabilità dell'accaduto alla fidanzata: "Il piano era il suo", ha detto agli inquirenti. Messa sotto torchio, Elena si è rassegnata a qualche ammissione spiazzata dal silenzio disperato di mamma Elena e lo sguardo attonito della sorella, Emilia.

Interrogati questa mattina dal gip di Avellino Paolo Cassano, i due fidanzati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La difesa di Elena Gioia è affidata, dopo la rinuncia all'incarico dell'avvocato Innocenzo Massaro, a Cerino D'Urso. Giovanni Limata è assistito, invece, dal penalista Mario Villani. Il gip ha convalidato il fermo per entrambi gli indagati.

L'autopsia: "Ucciso con 14 coltellate"

In attesa di conoscere gli sviluppi della vicenda, nel tardo pomeriggio di lunedì, il medico legale Carmen Sementa ha consegnato al pm incaricato del caso, Vincenzo Russo, l'esito dell'autopsia. Stando a quanto si apprende dalle agenzie, Aldo Gioia sarebbe stato colpito con 14 coltellate profonde all'addome, una delle quali gli ha perforato un polmone: altre, invece, gli hanno squarciato l'addome. Gli esami autoptici hanno rivelato che l'uomo avrebbe tentato di difendersi dall'aggressore, lo comproverebbero i tagli riportati sulle mani e sulle braccia. Quanto all'arma del delitto, si tratterebbe di un grosso coltello da caccia. La salma del 53enne è stata messa a disposizione dei familiari per i funerali, che si terranno domani alle 15 ad Avellino nella chiesa di San Ciro, in viale Italia.

"Mia nipote è una ragazza dolcissima, è stata plagiata"

Non si dà pace Giancarlo Gioia, fratello di Aldo e zio di Elena, per quanto accaduto. "Non voglio difenderla, non potrei. - racconta al Corriere della Sera - Però dico che se è tutto vero, quella non è mia nipote. Credetemi, mia nipote è una ragazza d’oro, una ragazza meravigliosa". Quando è stato informato dei fatti, Giancarlo si è precipitato ad Avellino. Lui vive in Friuli, e sabato, durante il viaggio non ha fatto altro che pensare a Elena, la nipote 18enne che ha ammesso di aver organizzato assieme al fidanzato Giovanni Limata l’omicidio del papà, e di aver progettato di uccidere, nella stessa circostanza, anche la madre e la sorella. "Mia cognata Liana e Emilia, l’altra mia nipote, sono annientate, completamente annichilite - continua - Chiaramente non è soltanto il lutto, è molto di più. Nella vita sappiamo di poter perdere una persona cara per un incidente, una malattia, o adesso per il Covid. Ma non per un omicidio. E meno che mai per un omicidio deciso da un’altra persona cara".

Fino a qualche giorno fa, quella di Aldo era una famiglia serena e felice. "Quella di mio fratello è sempre stata una famiglia meravigliosa che lo rendeva felice. - spiega -Mi rendo conto che le mie parole possano sembrare assurde, ma Elena è sempre stata la figlia che ogni genitore vorrebbe avere: dolcissima. E anche se fisicamente ha preso dal padre e quindi è alta, noi la vediamo sempre come uno scricciolo, una bambina che va ancora a scuola, al quarto liceo". Una spiegazione a quello che Elena ha fatto Giancarlo non ce l’ha: "Posso soltanto pensare che è stata manipolata, che si sia lasciata plagiare".

Sulle orme del delitto di Novi Ligure

La vicenda suggerisce delle drammatiche similarità con il delitto di Novi Ligure, la strage familiare compiuta da Erika De Nardo ed Omar Favaro, circa vent'anni fa. Un canovaccio che si ripete come la sceneggiatura di un vecchio film horror, visto, rivisto e rivisitato nei ruoli dei due protagonisti. L'amore contrasto, le conflittualità familiari e la lucida follia di una tarda sera di primavera. Poi le coltellate e il rimpallo di colpe: tutto come allora. "I giovani sono fragili e facilmente suggestionabili, specie quando sono ancora in formazione. Ma non credo ci sia un rischio di emulazione nei recenti casi di parricidio.

- commenta a LaPresse l'avvocato Mario Bocassi che, nel 2001 difese Erika De Nardo dall'accusa di aver ucciso la mamma e il fratellino - Molto dipende dall'ambiente in cui questi ragazzi crescono e si sviluppano caratterialmente e psicologicamente".

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