Coronavirus

"Assalti multipli di ceppi diversi". Così il virus ha piegato l'Italia

Lo studio condotto dai ricercatori del Niguarda e dell'Irccs pavese rivela la presenza di due ceppi diversi nella Regione, presenti già da metà gennaio

"Assalti multipli di ceppi diversi". Così il virus ha piegato l'Italia

"Una pioggia di meteoriti", che ha colpito la Lombardia all'inizio del 2020. Così, il presidente del Policlinico San Matteo di Pavia, Alessandro Venturi, aveva descritto la pandemia di Sars-CoV-2 arrivata in Italia. Una descrizione riferita allo studio (presentato oggi) promosso dalla Fondazione Cariplo e condotto dai ricercatori dell'Asst Grande ospedale metropolitano Niguarda di Milano e dell'Irccs pavese, secondo cui il nuovo coronavirus ha attaccato la Regione con un "assalto multiplo e concentrico".

È la fotografia di quanto accaduto dall'inizio dell'anno in Lombardia. Per metterla a fuoco, i ricercatori hanno analizzato le sequenze genomiche virali da circa 350 pazienti, provenienti da aree diverse del territorio regionale. I dati, come spiega il responsabile scientifico dello studio Carlo Federico Perno, "mostrano inequivocabilmente che il virus è entrato in Lombardia prima di quel che si pensasse in origine e, soprattutto, lo ha fatto con assalti multipli e concentrici di ceppi virali diversi, in luoghi diversi, ma in tempi molto vicini tra loro".

In Lombardia già a metà gennaio

Lo studio ha evidenziato la presenza di catene di trasmissione virali già a partire dalla seconda metà di gennaio. "Il punto nodale che emerge dalla nostra ricerca è che abbiamo evidenza chiara del virus Sars-CoV-2 presente in Lombardia in più punti alla metà di gennaio, il che non esclude che fosse presente un pochino prima, ma non dopo", precisa il virologo Carlo Federico Perno.

L'analisi comparativa dei genomi virali, derivati dai tamponi effettuati dal 22 febbraio al 4 aprile 2020, ha permesso di identificare l'ingresso del nuovo coronavirus in Lombardia verso la seconda metà di gennaio. Il dato è rafforzato anche dalla valutazione di sieroprevalenza di anticorpi neutralizzanti contro il patogeno, individuati nei donatori di sangue della zona rossa di Lodi che, come riferisce AdnKronos, oltre che a consentire di stimare precisamente la diffusione dell'infezione, ha identificato 5 soggetti sieropositivi nel periodo tra il 12 e il 17 febbraio 2020. Dato che gli anticorpi si sviluppano circa 3-4 settimane dopo l'infezione, questo dato rafforza la convinzione dei ricercatori, secondo cui il nuovo coronavirus era presente in Lombardia già dalla seconda metà di gennaio 2020.

La doppia epidemia

Sono almeno 2 i ceppi di nuovo coronavirus che hanno iniziato a circolare in Lombardia da metà gennaio. E 2 sono le maggiori catene di trasmissione, rilevate a Nord e a Sud della regione. "Quando è stato riscontrato il primo caso a Codogno, in una forma leggermente diversa, lo stesso era già presente nella zona nord (includente Alzano e Nembro)", spiega Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di virologia molecolare del San Matteo e professore dell'università di Pavia. Secondo quanto emerso dallo studio, la scoperta del virus nel paziente 1 "è tardiva. In realtà il virus già c'era e non solo a Lodi. C'era anche ad Alzano, a Nembro e in varie altre parti della Lombardia". Quando è stato isolato il nuovo coronavirus a Codogno, "ad Alzano già c'era. Osserviamo 2 cluster, 2 ceppi per semplificare, che sono molto simili, ma diversi quanto basta per dire che uno ha infettato il centro nord e un altro ha infettato il sud. Codogno e Alzano-Nembro hanno camminato in parallelo come è successo in altre parti della Lombardia, ma ad Alzano-Nembro ha camminato più rapido".

Gli scienziati sono riusciti a identificare due maggiori catene di trasmissione virale, definite A e B: "La catena A, caratterizzata da 131 sequenze, si è diffusa principalmente nel Nord della Lombardia a partire dal 24 gennaio", nei territori di Bergamo, Alzano e Nembro. La catena B, invece, "composta da 211 sequenze, più variabile, ha caratterizzato l'epidemia del Sud della Lombardia almeno a partire dal 27 gennaio, con le province di Lodi e Cremona investite maggiormente".

Secondo i ricercatori, "non è possibile escludere che la circolazione silente, multipla e simultanea di ceppi diversi, possa aver esacerbato la già elevatissima trasmissibilità del virus e aver creato così una vera tempesta virale in una regione così densamente popolata, come la Lombardia, rendendo difficili gli interventi di contenimento della diffusione stessa". E, ad oggi, riferisce il virologo Perno, il Sars-CoV-2 "è il virus più infettivo che abbia mai visto e sembra fatto per restare, da un punto di vista biologico".

Per questo, "un vaccino efficace è cruciale".

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