Coronavirus

Ecco l'arma che blocca la replicazione del Covid-19 nelle nostre cellule

Parla italiano la scoperta di un enzima in grado di bloccare la replicazione del Covid nelle nostre cellule. "Abbiamo trovato un farmaco noto già usato per altre patologie": ecco di cosa si tratta

Ecco l'arma che blocca la replicazione del Covid-19 nelle nostre cellule

Bloccare il virus in uscita invece di farlo in entrata: è questa l'idea nuova di uno studio italiano molto promettente che potrebbe mettere definitivamente Ko il Covid-19.

Come funziona

In matematica si dice che "cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia", in scienza e medicina (per fortuna) non è sempre così: in pratica, appena Sars-Cov-2 inizia ad infettare le cellule ma prima di dargli la possibilità di sviluppare la malattia, c'è un modo per fermare il processo di replicazione nelle cellule bloccando il virus "in uscita". Ma cosa significa? "Quando un virus entra ed infetta le nostre cellule ci sono tre processi fondamentali: l'entrata, la replicazione, cioè fa copie di se stesso come una fotocopiatrice e l'uscita. Questi tre passaggi sono mediati dalle proteine dell'ospite, cioè le proteine delle nostre cellule. Di conseguenza, i virus hanno una straordinaria capacità di dirottare le nostre proteine a proprio uso e consumo", afferma in esclusiva per ilgiornale.it il primo autore di questo studio, il Prof. Giuseppe Novelli, genetista del Policlinico Tor Vergata di Roma e presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano, capogruppo del team italiano degli scienziati di Tor Vergata.

Come si blocca Covid "in uscita"

Per capire questo processo, bisogna fare una breve distinzione tra batteri e virus: i primi, quando infettano fanno tutto ciò di cui hanno bisogno perchè hanno una loro "macchina" e sono autonomi; viceversa, i virus non sono in grado di usare "macchine" proprie ed usano quella dell'ospite, cioè le proteine che servono a compiere tutte le funzioni necessarie per replicarsi ed infettare altre cellule. "Noi ci siamo concentrati sulla fase finale del processo, l'uscita dalle cellule infettate dove si è riprodotto mentre va ad infettare le altre, per capire meglio quali sono le proteine usate dal virus per questo processo", ci dice il Prof. Novelli. A questo punto, è stata trovata una classe di enzimi (particolari proteine) che, "in base a dove si trova il virus c'è anche una grande quantità di queste proteine: abbiamo dimostrato che il virus se ne serve a proprio uso e consumo. Questa classe di enzimi si chiama E3-ligasi: le conosciamo da anni perché purtroppo fanno parte dei processi che sviluppano il cancro, nei processi del neurosviluppo e sono coinvolti in altre malattie infettive come l'ebola, il papilloma e l'epatite". Una volta fatta la scoperta, i ricercatori si domandati come bloccare questi enzimi e come inattivarli. "Abbiamo trovato un farmaco noto che usiamo già per altre patologie. Negli Stati Uniti ci sono già 11 trials clinici con questo farmaco: alcuni riguardano il papilloma, altri addirittura il lupus sistemico, una malattia autoimmune. Abbiamo pensato di metterlo nelle cellule infettate per vedere cosa succedesse e ci siamo accorti che bloccava l'uscita del virus, intrappolandolo. L'esperimento è stato condotto su cellule in provetta", ci spiega il genetista.

Quando scatta l'immunità innata

Questa scoperta apre scenari nuovi ed importanti: al primo segnale d'infezione si potrebbe bloccare l'uscita del virus da una cellula prima che possa infettarne altre. "In questo modo, intrappolandolo, diamo il tempo ai meccanismi cellulari di eliminarlo: quando una cellula viene attaccata dal virus non sta ferma, cerca di difendersi. Quel processo citochinico di cui si parla è la reazione che abbiamo per eliminare il virus, altrimenti le persone non guarirebbero", spiega perfettamente Novelli. La prima cosa che il nostro organismo attiva quando è attaccato da un virus è l'immunità innata, "già presente dentro di noi che attiva tutta una serie di meccanismi per eliminare il virus. Gli anticorpi, invece, si chiamano immunità acquisita e si sviluppano successivamente. Noi pensiamo che intrappolandolo, non consentendogli di fare questa disseminazione, gli 'tagliamo i viveri' per essere poi eliminato dalle nostre difese immunitarie", aggiunge il genetista.

Farmaco e trials

Il farmaco che riuscirebbe a bloccare il processo di replicazione del virus si chiama Indolo-3 Carbinolo (I3C). "È un farmaco importante ed è naturale: è prodotto dalle piante crocifere, in particolare per quelle commestibili nel broccolo, nel cavolo, nei cavolini di Bruxelles e nei cavolfiori. Dopodiché, la chimica e l'industria devono renderlo puro". In questo momento sono stati già avviati i trials clinici per capire l'efficacia del farmaco e come poterlo utilizzare nel giusto dosaggio e quantità. "E poi, verso quali malati può essere rivolto: ai gravi, ai meno gravi oppure agli asintomatici?. I monoclonali, ad esempio, non valgono nulla nella fase avanzata della malattia ma è stato stabilito con la sperimentazione clinica, non a priori", ci dice il Prof. "La stessa cosa si farà in questo caso, dobbiamo ancora iniziare la fase 2". Insomma, sembra che sia stata trovata una nuova "chiave" per cui il virus possa infettare soltanto poche cellule venendo subito bloccato in uscita, quando sta per andare ad infettare tutte le altre. "Esatto, il concetto è questo. Stiamo già facendo esperimenti sugli animali ai quali somministriamo il virus ed il farmaco per vedere quali sono le dosi corrette".

"Dobbiamo pensare ai malati"

Dello studio (di cui abbiamo allegato in Pdf l'originale) fanno parte 95 autori, sei Università americane tra cui Harward e Yale e sono presenti le firme di alcuni tra i più importanti virologi del mondo "perché ognuno ha contribuito facendo la propria parte. Se c'è qualcuno che avrà la forza economica per costruire il farmaco prima di me sono contento: l'abbiamo pubblicato con la speranza di un investimento, adesso vediamo cosa succede, la ricerca funziona così. Il vaccino ad Rna è stato prodotto in questo modo, non l'ha fatto mica la Pfizer ma la BioNtech in Germania, due universitari che hanno uno spin-off, la Pfizer se l'è comprata", sottolinea il Prof. Novelli. Rispetto a tanti altri farmaci già usati per il Covid che hanno fatto flop (vedi idrossiclorochina e remdesivir), questo sembra essere più promettente.

L'importante è che, accanto ai vaccini, si trovi una cura contro la pandemia. "Assolutamente si, i vaccini servono per le persone sane, noi abbiamo i malati che non spariscono da un giorno all'altro: si dovrebbe vaccinare tutto il mondo contemporaneamente ma è impossibile. Basta che ci sia soltanto un Paese che non sia vaccinato e l'infezione riparte.

E come la mettiamo con le varianti? Questo farmaco non ne risente perché non agisce sul virus ma sull'ospite: se cambia l'autista non importa niente, noi blocchiamo la macchina", conclude Novelli.

Commenti