"Mi è venuto in mente di urlare. Non è che non ci avessi pensato, ma non ci riuscivo…". Chi parla è Silvia (nome di fantasia), la studentessa 19enne che accusa Ciro Grillo, il figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, e i suoi amici Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria di aver abusato di lei dopo una serata in discoteca in Sardegna, nel luglio 2019. Uno presunto stupro di gruppo che, a detta della ragazza, si sarebbe consumato con modalità particolarmente oltraggiose e incalzanti: schiaffi sulla sulle natiche, sulla schiena e molto altro ancora. "Ero terrorizzata, non sentivo più i piedi per terra", ha raccontato al procuratore di Tempio Pausania Gregorio Capasso e al sostituto Laura Bassani. Ma non è tutto.
Ci sarebbero ben quattro video a testimonianza dell'orrore che si sarebbe consumato quella notte d'inizio estate. Lo conferma uno degli indagati, Edoardo Capitta, in una chat con gli amici nel giorno successivo al presunto stupro: "Ho quattro video facili facili", scrive in un messaggio indirizzato al resto della comitiva. Ma perché gli autori di un reato sessuale sovente filmano la vittima? "Credo che sia legato molto a un aspetto di personalità narcisistica. Poi, nella dinamica del gruppo, il filmare diventa un modo per dimostrare agli altri qualcosa", spiega a ilGiornale.it il dottor Fabrizio Quattrini, psicologo, psicoterapeuta e sessuologo clinico nonché docente di Clinica delle Parafilie e della Devianza presso l'Università de L'Aquila.
Professor Quattrini, esiste una definizione per lo stupro di gruppo?
"Lo stupro di gruppo è una modalità di 'sexual offending', ovvero di esercizio della violenza attraverso l'atto sessuale ai danni di una vittima, generalmente un adulto ritenuto vulnerabile o un minore".
Quale è il motivo per cui due o più ragazzi giovani danno seguito a una violenza di gruppo?
"I motivi possono essere tanti, purtroppo non c'è una risposta standard. Di base però credo che questi comportamenti siano riconducibili a una matrice comune, ovvero alla totale assenza di rispetto e percezione dell'altro come 'persona diversa da sé'. Ciò si verifica quando, durante le fasi evolutive precedenti alla prima età adulta, non è maturato il concetto di diversità o è mancato un modello educativo in grado di rispondere in maniera adeguata alle curiosità verso situazioni nuove – 'diverse', per l'appunto – nel corso della fanciullezza o dell'adolescenza. Da questi presupposti possono derivare una serie azioni e comportamenti fortemente devianti: su tutti la violenza sessuale".
Il fine ultime di un abuso ordito da un gruppo di coetanei è quello di procurarsi piacere o c'è dell'altro?
"Il piacere è presente in un atto di sadismo sessuale, ma non nel caso di uno stupro o della aggressione sessuale in gruppo. In generale, i sexual offender - gli autori di reato sessuale - intendono umiliare la vittima, ridurla a un oggetto: vogliono farle del male. Non c'è consensualità tra tutte le parti coinvolte, altrimenti non parleremo di stupro ma di parafilie".
Qual è la differenza tra un comportamento sessuale deviante e una parafilia allora?
"La parafilia è modo atipico, non convenzionale, di vivere la sessualità. Un comportamento sessuale deviante discosta dalla normalità al punto da arrecare danno all'altra persona coinvolta nel rapporto".
L'abuso di alcol può indurre a comportamenti sessuali devianti?
"L'alcol è una situazione di concausa che amplifica la dimensione della devianza, un'aggravante. Ma di certo non giustifica né spiega uno stupro. Tutti i sexual offender partono da una condizione di disfunzionalità e disagio al livello personale, familiare o sociale che talvolta manifestano attraverso l'espressione di una sessualità violenta".
Possiamo definire questi soggetti "casi patologici"?
"L'esplicitazione di un comportamento sessuale violento non implica necessariamente una condizione patologica. Per dirla in maniera spiccia, negli autori di reati sessuali c'è qualcosa durante il processo di maturazione che è 'andato storto' e che, nelle fasi successive della crescita, può riversarsi in maniera devastante su un'altra persona".
Ritornando allo stupro di gruppo, perché spesso gli offender filmano la vittima durante l'atto violento?
"Credo che sia legato molto a un aspetto di personalità narcisistica. Poi, nella dinamica del gruppo, il filmare diventa un modo per dimostrare agli altri qualcosa".
Dimostrare che cosa e a chi?
"Le risposte possono essere molteplici. Può essere un'azione di rivalsa nei confronti dei genitori o della società, oppure verso se stessi. Poi credo che molto abbia fatto anche la dimensione dei social in questa tendenza a filmare e condividere continuamente ciò che accade durante la giornata. Con questo non intendo demonizzare il web e le varie piattaforme di comunicazione. Anzi ritengo che internet sia una grande risorsa per i giovani. Il problema è che, a furia di 'postare', i contenuti si svuotano completamente del significato. Per cui filmare la propria routine mattutina o un'azione socialmente grave, come nel caso di uno stupro, diventa normale".
Talvolta gli autori di reato sessuale negano la violenza. Perché?
"La negazione è un meccanismo difensivo che avviene a livello intrapsichico. C'è una parte iniziale, cosciente, di difesa e di protezione: 'Nego a me stesso qualunque cosa possa essere successa. La nego talmente bene, e ci credo con tale fermezza, che alla fine mi convinco non sia mai esistita'. La fase successiva invece è totalmente inconsapevole. Ragion per cui, col tempo, l'autore del reato sessuale tende a rimuovere completamente la gravità di ciò che ha commesso".
In questi
casi c'è il rischio di reiterazione?"Dipende dagli individui coinvolti e dalle caratteristiche personali di ciascuno. Tuttavia la casistica ci segnala che il rischio di recidive per i reati sessuali è molto alto".
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