Cronache

Sulle tracce dei piromani

Uno spaccato di criminalità difficile da interpretare, che i boschi italiani conoscono fin troppo bene

Sulle tracce dei piromani

La linea della morte

C'è una linea che separa la vita dalla morte. È il confine tra il bosco grigio dei tronchi uccisi dal fuoco e il bosco verde degli alberi risparmiati dalle fiamme. Ogni anno, a partire dal mese di giugno, l’Italia diventa un inferno. È sistematico ormai, con il primo caldo si comincia a parlare di roghi nei boschi di mezza Italia. Eppure nella stragrande maggioranza dei casi le temperature elevate c’entrano poco e gli incendi montani sono prevalentemente di natura dolosa. Complice la ricca varietà di vegetazione, la nostra Penisola risulta ad oggi essere uno dei Paesi più colpiti da questo tanto frequente quanto singolare fenomeno, che manda a fuoco ettari di foreste causando forti ripercussioni anche sul Pil nazionale. Sono ormai anni che si indaga su uno spaccato criminale di non semplice interpretazione, e nel tempo tecniche e cause di simili atti sono diventate motivo di interesse per forze dell’ordine e media.

L’identikit del piromane

C’era una volta il piromane. Il termine è ormai associato a qualunque rogo di natura dolosa, ma in realtà la figura patologica, quella di colui che sviluppa un’intensa ossessione (verso il fuoco, le fiamme, gli esplosivi in genere) è una mosca bianca. Da fermi ed arresti condotti nel corso degli anni dal Corpo Forestale e dalle forze dell’ordine emerge che soltanto una percentuale minima degli atti criminali è riconducibile a persone effettivamente disturbate. Il piromane patologico “classico” è in via di estinzione. Questi non hanno misura, non si fermano nella loro opera devastatrice e si preoccupano solo relativamente delle conseguenze.

Il profilo del vero incendiario tipo è invece più sfuggente e più mimetizzabile, e dunque ancora più pericoloso. Non è pazzo, tanto per cominciare. Potrebbe avere degli interessi ad appiccare incendi in precise zone: in talune occasioni è stata dunque accertata la responsabilità di allevatori e cacciatori. In particolare i primi avrebbero interesse a rendere più agevole il pascolo in aree impraticabili. In altri casi si parla di personaggi che non hanno altri fini che godersi lo “spettacolo“ della macchina organizzativa in moto, i mezzi e le pompe in azione, l’elicottero che fa la spola verso i laghi o il mare. In altre circostanze ancora, sono stati circoscritti e definiti interessi di natura imprenditoriale a tessere i fili degli atti criminali nei boschi italiani.

La testimonianza

A fornirci maggiori informazioni sulle tecniche e sul tipo di persone che compiono questi crimini è una nostra fonte che in passato ha avuto a che fare con questo mondo. L’abbiamo raggiunta telefonicamente. “Coloro i quali si dedicano a queste attività sono anche insospettabili: padri di famiglia, lavoratori. Oppure sono persone che hanno interessi precisi a farlo: allevatori, cacciatori, o anche genericamente criminali”, ci informa Giuseppe (nome di fantasia). Nell’immaginario collettivo il piromane brucia i boschi con la propria sigaretta ma in realtà, continua la nostra fonte, “Non si usa più il mozzicone, ma è molto diffusa la spirale antizanzare, che brucia tra le fiamme e non lascia tracce”.

Nel cuore delle fiamme

Luglio 2015, ci dirigiamo su un massiccio montuoso a 500 metri di altezza. Soltanto poche ore prima è divampato un violento e vasto incendio che ha mandato in fumo quasi la metà dell’intero monte. Non è la prima volta che accade; il rilievo in questione subisce circa dieci roghi all’anno in diversi punti della dorsale, tanto che nel corso del tempo i residenti delle comunità limitrofe si sono rassegnati all’idea di dover fare i conti con un puntuale progetto orchestrato da qualcuno.

Questa volta le fiamme hanno avvolto qualsiasi cosa trovassero lungo il proprio cammino, lambendo persino le abitazioni ai piedi della collina più bassa. Un tragitto accidentato di quasi un’ora ci conduce nel punto in cui presumibilmente il rogo è stato acceso. Anche qui, quasi come sigillo di riconoscimento, la linea di confine che divide il grigio dal verde. Poi un’immensa distesa di polvere e sterpaglie dal colore nero che sa di deserto e morte, mentre nell’aria è ancora forte l’odore della combustione.

Sembra un campo di guerra, quella montagna, dove gli alberi crollati somigliano a soldati caduti sotto il fuoco nemico. Cala il tramonto di un’altra giornata, un pezzo di patrimonio paesaggistico italiano è andato in rovina.

L’appuntamento, triste e prevedibile, è per la prossima estate.

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