In Svezia pubblicità choc "Le vacanze in Italia? Fanno piangere i bimbi"

Due anni fa le manette al turista italiano per uno schiaffo al figlio in strada. E ora lo spot assurdo di un parco giochi

In Svezia pubblicità choc "Le vacanze in Italia? Fanno piangere i bimbi"

Arrendiamoci, il pregiudi­zio anti italiano è come la «piz­zeria Bella Napoli »: compare in ogni sperduto angolo del mon­do. Gli ultimi ad aggiungersi al­la lista sono gli svedesi, tutta co­l­pa di una pubblicità di pessimo gusto che, a onor del vero, qual­che brivido di disgusto lo ha pro­dotto anche nella fredda Stoc­colma. Il parco giochi svedese di Liseberg ha cosparso il paese di poster con un avviso di «at­tenti bambini felici» che cam­peggia sopra a una ragazzina bionda in lacrime. Completa il quadro lo slogan: «Qualche bambino sarà obbligato a pas­sare le vacanze in Italia que­st’estate ». L’immagine, segna­lata al Giornale da lettori indi­gnati, dovrebbe ottenere l’im­probabile effetto di invogliare i piccoli svedesi a preferire le de­lizie della gelida Liseberg, una specie di gardaland in salsa Ikea, con ruota panoramica e af­fini, al sole delle nostre spiagge. Ed è questo il suo primo falli­mento: l’immagine di un bim­bo che piange anche alle latitu­dini più fredde mette solo tri­stezza, emozione che notoria­mente fa chiudere il portafo­glio, oltre allo stomaco. Per non parlare dell’effetto «razzista», che certamente poco si confà a un Paese che fa del politicamen­te corretto la sua bandiera.
A rendere ancor più sgrade­vole la pubblicità, c’è la sensa­zione che possa esser stata ispi­rata anche da un episodio che in Italia fece parecchio discute­re: l’arresto di Giuseppe Cola­sante, un papà italiano denun­ciato dai passanti perché avreb­be dato uno schiaffo al figlio che faceva i capricci davanti a un ristorante di Stoccolma. Un gesto inaccettabile per la cultu­ra svedese e che, sembrerebbe suggerire il manifesto, è invece cosa normale in Italia.
Poco importa che anche da noi, nonostante la nostra mag­gior attitudine alla «fisicità» ri­spetto agli svedesi, a picchiare i figli, specialmente in pubblico, magari non si rischi l’arresto, ma occhiatacce e rimproveri certamente sì. Un pregiudizio è un pregiudizio e perciò non sen­te ragione. Eppure gli svedesi ci amano, da sempre vengono in vacanza nel nostro Paese e an­che se i tempi di Anita Ekberg e dei vitelloni della Riviera roma­gnola sono lontani, l’amore è ri­cambiato, specie quando a rap­presentare il Paese sono bion­de chiome e occhi azzurri. Un indizio in più viene dal fatto che la campagna è stata diffusa in tre versioni, una con l’Italia, una seconda con Creta e la ter­za con Majorca. Nel mirino noi, la Grecia e la Spagna, dunque tutti sud Europa, tutti «Pigs», Pa­esi che forse la crisi rende mi­naccioso e arretrato, agli occhi di qualche pubblicitario nordi­co dal cervello di betulla come la libreria Billy.
Inutile comunque piangersi addosso e recriminare, meglio darsi da fare per cancellare ogni ombra e difendere la no­stra reputazione. Come hanno fatto i greci. Alcuni esponenti di spicco della comunità greca in Svezia si sono fatti sentire con i dirigenti del parco costrigendo­li a precipitose scuse.

«Ci spia­ce che qualcuno abbia pensato a intenzioni denigratorie -si è arrampicata sugli specchi Julia Vasilis, amministratore delega­to della società- al contrario sia­mo stati megalomani a pensare di paragonare il nostro piccolo parco alle patrie del divertimen­to ». Non resta che darle ragio­ne: lasci stare, non si paragoni.

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