Cronache

Telefonata Papa-Conte per il "no" alle Messe: ora è giallo

Giuseppe Conte avrebbe telefonato al Papa dopo il comunicato al vetriolo della Cei sulle "Messe". Ora è giallo sui rapporti tra la Chiesa ed il governo

Telefonata Papa-Conte per il "no" alle Messe: ora è giallo

È stato il premier Giuseppe Conte a telefonare a Papa Francesco affinché la richiesta della Cei, quella sulla urgenza delle Messe con il popolo, venisse smorzata? Un retroscena c'è, ma le fonti sembrano differire. E allora potrebbe convenire lasciare la questione in sospeso, in attesa di ulteriori possibili sviluppi.

Quando il presidente del Consiglio ha descritto i tratti salienti dell'ultimo Dpcm, la Cei ha tuonato senza pensarci troppo. Perché le Messe con il popolo, anche dopo il 4 maggio, continueranno ad essere vietate. Ma i vescovi italiani - questo è un altro dei retroscena che sono circolati - avrebbero cercato la quadra con l'esecutivo nel corso di queste settimane. Un tentativo volto a consentire, pur rispettando tutte le misure del caso, con le mascherine obbligatorie ed il distanziamento sociale, la presenza dei fedeli durante le celebrazioni. L'esecutivo giallorosso, insomma, avrebbe rivisto in corsa le sue priorità. E le proposte della Cei sarebbero finite nel dimenticatoio.

Il Papa, il giorno dopo lo scontro, ha richiamato i cattolici alla responsabilità: "In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni", ha detto il Santo Padre, prendendo in qualche modo le distanze dai toni della Cei e riportando il dibattito sul piano della necessità assoluta della tutela della Salute pubblica. Anche a costo di dover rinunciare alla "Chiesa vera". Il Corriere della Sera ha raccontato di come Bergoglio abbia ricevuto una telefonata da Conte.

Per questo motivo, insomma, la linea della Chiesa cattolica sarebbe cambiata. Si è narrato pure di come il freno sia stato tirato dal cosiddetto "cerchio magico". I collaboratori fidati del Santo Padre, la parte più incline ad assecondare le istanze cattolico-democratiche - pare che si voglia evitare qualunque assist che possa favorire le argomentazioni sovraniste - , si sarebbe fatta risentire. E il Papa avrebbe dato ascolto a quelle campane. Ma anche questo è uno degli scenari ventilati. Non è chiaro quindi come siano andate le cose. Di sicuro c'è che il Papa ha stemperato il clima che si era creato dopo che la battaglia si era spostata sul piano dei comunicati.

Adesso Palazzo Chigi sta lavorando ad un protocollo che dovrebbe consentire lo sblocco della situazione entro l'11 maggio. L'Unione giuristi cattolici è tra gli enti che ritengono incostituzionali le decisioni prese in materia di libertà di culto per via del quadro pandemico. Il fatto che la vicenda possa risolversi "quanto prima" non soddisfa le esigenze di chi ritiene che siano state messe in discussione delle libertà costituzionalmente garantite.

L'edizione odierna de La Verità parla pure del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Sembra proprio che Parolin abbia letto il comunicato della Cei prima che la nota dei presuli venisse diffusa. Ci sarebbe una scollatura, dunque, tra la linea promossa dal Papa e la visione delle cose della Conferenza episcopale italiana. E la telefonata? Ormai trattasi di vero e proprio "giallo". La sensazione che permane è che qualcosa tra le mura leonine e Palazzo Chigi sia successo.

La Cei potrebbe aver attaccato Conte senza tenere in considerazioni i rapporti tra la Santa Sede e l'esecutivo? Possibile.

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