Telefonini, computer, ma anche cocaina, eroina, alcolici e denaro. Nel carcere di massima sicurezza di Padova entrava di tutto, con la complicità del capo degli agenti di polizia penitenziaria, Pietro Rega, che è stato arrestato a luglio ed è indagato con altre trenta persone. Non solo colleghi, ma anche familiari dei carcerati, gli stessi reclusi e un avvocato.
Il 6 novembre il 48enne ha confessato tutto - scrive in un'esclusiva il Corriere della Sera -, spiegando come funzionava il "mercato" messo in piedi dentro al carcere. Rega incontrava parenti e spacciatori all'esterno della prigione e faceva recapitare all'interno i pacchi, che arrivavano puntualmente nelle celle.
Tra gli uomini rinchiusi a Padova anche capiclan della Sacra Corona Unita e della Nuova Camorra Organizzata, a cui erano stati fatti arrivare dei telefonini.
Qualche problema economico aveva convinto Rega a iniziare i traffici. Non solo un mutuo pesante, ma anche la necessità di soldi per comprare gli stupefacenti. I pagamenti potevano avvenire anche in cocaina o eroina, perché le guardie "consumavano".
style="line-height: 1.538em;">Il grave episodio ha portato a numerosi arresti, ma anche a due suicidi. Un agente e un detenuto coinvolti nell'inchiesta si sono tolti la vita dopo che a luglio sono scattate le procedure.
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