Politica

La teoria del caos che regola tutta la politica

La teoria del caos che regola tutta la politica

La teoria del caos. Bisognerebbe rivolgersi ad Edward Lorenz, il primo matematico a teorizzarla, perché sembra nata apposta per essere applicata alla politica italiana. Da noi, infatti, il «caos» è diventato il sistema che «ordina» la politica. Basta pensare che alcuni dei promotori del referendum confermativo della legge che riduce il numero dei parlamentari avevano immaginato che sarebbe stato una polizza di assicurazione per la durata della legislatura fino alla sua celebrazione. Motivo? Secondo loro il capo dello Stato non avrebbe mai permesso al Paese di andare alle urne finché non si fosse chiarito sul piano legislativo il numero dei parlamentari da eleggere. Invece ieri che, almeno sulla carta, è stato raggiunto il numero di firme di parlamentari necessario per richiedere il referendum, nelle menti di alcuni dei firmatari si è fatto largo un atroce dubbio, che ha aperto la strada a diverse crisi di coscienza. Anzi, per dirla tutta, molti si sono pentiti. «Io si è sfogato l'azzurro Massimo Mallegni ho aderito all'iniziativa per una questione di principio, per rispetto dei numeri che la nostra Costituzione aveva pensato per il nostro Parlamento. Ora, invece, ho il sospetto che l'operazione potrebbe essere utilizzata da chi vuole le elezioni anticipate a primavera, magari tentando molti parlamentari con l'idea che con la nuova legge sub iudice per via del referendum, si voterebbe con i numeri della vecchia, quindi, si eleggerebbero 945 parlamentari e non 600. Se così fosse avremmo lavorato per il Re di Prussia che vuole le elezioni anticipate. E avremmo lavorato gratis. E ho il sospetto che sia così, visto che l'ultima spinta nella raccolta per le firme l'hanno data tutti personaggi vicini a Salvini». Insomma, per dirla con l'espressione colorita del coordinatore di Forza Italia delle Marche, Marcello Fiori, «molti rischiano di fare la parte dei coglioni», tant'è che alcuni ci stanno ripensando, addirittura stanno accarezzando l'opzione, anche se i loro nomi sono già stati resi noti dalla Fondazione Einaudi, che aveva lanciato l'iniziativa, di ritirare la firma.

Appunto, la teoria del caos: un avvenimento che dovrebbe determinare una conseguenza e che nel suo divenire ne provoca una diversa. Eppoi un'altra ancora, di segno opposto. Per citare una famosa frase di Edward Lorenz: «Il battito delle ali di una farfalla in Brasile provoca un tornado in Texas». È la fotografia della politica italiana di oggi. Tutti i riferimenti mutano da una settimana all'altra, da un mese all'altro. Il presidente della Repubblica ad agosto aveva fatto sapere che, di fronte alla presentazione di un referendum sulla legge che riduce il numero dei parlamentari, non avrebbe sciolto le Camere fino alla sua celebrazione. Tra settembre e ottobre, invece, era uscita sui quotidiani un'interpretazione diversa che, per alcuni, aveva le stimmate del Quirinale e che magari era solo una minaccia per riportare disciplina in una maggioranza scalmanata: di fronte ad una crisi di governo, per assicurare un esecutivo all'Italia, il capo dello Stato era il succo della nuova interpretazione - avrebbe mandato in ogni caso il Paese alle urne, utilizzando la legge ancora in vigore, cioè quella che prevede un Parlamento con i numeri attuali. Ieri, invece, sembra (il sembra è d'obbligo) che il Colle sia tornato alla prima versione.

E siamo al caos. «Mi chiedo solo una cosa si interroga il ministro per lo sviluppo economico, il grillino Stefano Patuanelli, che ha la testa quadra dell'ingegnere . Se da qui alla celebrazione del referendum andiamo alle elezioni e eleggiamo un Parlamento con 945 membri, eppoi, visto che l'esito del referendum mi appare scontato, entra in vigore la legge che li riduce, il Parlamento appena eletto non sarebbe subito delegittimato? Io credo di sì. È un problema che dovrebbe porsi anche il capo dello Stato». Spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà: «Credo che il referendum, che di fatto prolunga la possibilità di eleggere un Parlamento con gli attuali numeri, abbia come conseguenza il fatto che da qui a giugno per molti ci sarebbe un motivo in più per andare a votare. Ho posto la questione a diversi parlamentari di Forza Italia che hanno firmato e l'unica cosa che ho capito è che non hanno capito un tubo. Io poi ho una mia opinione: se si eleggesse un Parlamento con i numeri attuali e dopo il referendum entrasse in vigore una legge che li riduce, il Parlamento verrebbe delegittimato e si creerebbe, come minimo, un imbarazzo istituzionale».

Appunto, il caos. È dappertutto. È il segno comune nel comportamento di tutti i protagonisti. In una settimana Matteo Salvini ha tentato la spallata sul Mes; ha lanciato il comitato di salvezza nazionale (Giancarlo Giorgetti non ha neppure escluso un governo Draghi); e, 24 ore dopo, si è rimangiato tutto, dando la colpa ai giornali. E ancora. Sulla legge elettorale la maggioranza è in una condizione di stallo. «Eppure osserva Nico Stumpo di Liberi e uguali basterebbe un minimo di cervello. Noi siamo contro la soglia del 5%. Ma se Zingaretti ci chiamasse al bar e, facendo politica, ci desse la garanzia che in fondo non c'è motivo di tenere in piedi due partiti come il Pd e Leu, visto che ne basta uno, si potrebbe anche fissare la soglia al 6%».

A volte le vicende rasentano, addirittura, il comico. Oggi la commissione di Vigilanza Rai discuterà di una e-mail che portava la firma apocrifa dell'allora ministro dell'Economia Giovanni Tria, che chiedeva alla Rai un sostegno economico ad un'iniziativa economica europea, con tanto di Iban, e che il presidente della Rai Foa avrebbe caldeggiato con l'amministratore Salini: una vicenda surreale su cui addirittura indaga una procura. «Solo che per la prima volta prevede il renziano Michele Anzaldi Foa rischia davvero di perdere il posto». Insomma, di tutto di più. Il piddino Luigi Zanda prevede ad ogni angolo del Parlamento che si voterà a maggio. E, intanto, il vicepresidente dei deputati di Forza Italia, Roberto Occhiuto, su cui Salvini ha posto un veto per la candidatura a governatore della Calabria, si prepara a lasciare gli azzurri e, addirittura, minaccia di mettere in piedi una lista d'appoggio al candidato del Pd, l'imprenditore del tonno Callipo.

In queste condizioni, per tornare a citare «la teoria del caos», è difficile prevedere come finirà. «Razionalmente è l'analisi del vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli le elezioni non ci dovrebbero essere, ma con la gente che oggi c'è in Parlamento può succedere di tutto, si potrebbe anche andare alle urne a loro insaputa». Siamo all'«effetto farfalla» di Edward Lorenz. Raccontano che in un pranzo della famiglia Mattarella con figli e nipoti, al presidente uno dei commensali abbia posto la domanda: «Durano?».

La risposta è stata: «Non credo: litigano troppo!».

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